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di Luca Giorgetti

Crescita personale, auto-aiuto, lavoro su di sé: ormai siamo abituati a sentire un po’ ovunque questi termini. Tuttavia, vista anche la diversità dell’offerta, è facile darne delle definizioni approssimate e grossolane, che non aiutano a comprendere di cosa effettivamente si tratti e in che modo possano concretamente esserci utili nella vita personale e professionale. In questo articolo proveremo a “capire” meglio cosa si intende per lavoro su di sé e le connessioni che ha con ciò che ci succede all’esterno, cioè con il “successo” che otteniamo nella nostra professione.

Prima di avventurarci in questo breve viaggio è però doveroso fare una premessa rispetto all’idea stessa di comprensione. “Capire” deriva dal latino “capere”, ovvero “prendere”. Ha anche una forte assonanza con un’altra parola latina, ovvero “caput”, che indica il capo, la testa. Ecco, quando diciamo “ho capito” questo molto probabilmente riguarda solo un terzo di noi.

Photo by Toa Heftiba on Unsplash


Ciò che è chiaro alla testa non è detto che sia sceso fino alla dimensione del sentimento (cuore) e del corpo.


Insomma, quando di fronte ad una nuova informazione diciamo “ho capito”, dovremmo chiederci se ho davvero capito oppure ho solo afferrato razionalmente il concetto.

La comprensione profonda è infatti più ampia e coinvolge tutti e tre i centri di cui è composto un essere umano: testa, cuore e corpo. È una premessa importante, che chi parte per un percorso di crescita personale dovrebbe sempre aver presente e che quindi terremo anche noi in considerazione nell’esplorare il variegato mondo del lavoro su se stessi.

Prima di lavorare su di te, è necessario che tu ti conosca

Per iniziare a farci un’idea più adeguata di che cosa sia il lavoro su di sé, prendiamo in prestito una formula della Fisica, proprio quella che definisce il lavoro:

L = F x S

dove:

(L) Lavoro = (F) Forza x (S) Spostamento.

Il lavoro è dunque la risultante dall’applicazione di una forza ed uno spostamento dovuto a questa forza.

In parole semplici, se con la mia mano applico una forza per sollevare una bottiglia e ci riesco, sto compiendo un lavoro: questo perché oltre ad aver applicato la forza c’è anche stato uno spostamento (la bottiglia si è alzata). In questo caso L nell’equazione ha un valore positivo.

Se invece applico una forza e non riesco a sollevare la bottiglia, non sto compiendo un lavoro, perché la forza esercitata non mi dà uno spostamento (la bottiglia è rimasta lì). In questo caso L nella mia equazione è pari a zero.

Nei casi materiali è piuttosto semplice riconoscere se uno spostamento c’è stato oppure no: la bottiglia o si è alzata o è rimasta lì. Ma quando per analogia proviamo ad applicare questa definizione alla nostra persona, le cose cambiano.

C’è chi descrive la propria vita come una serie interminabile di sforzi senza avere mai la soddisfazione di poter dire di aver finalmente raggiunto un cambiamento. Bene, applicando questa formula possiamo riconoscere come solo gli sforzi correlati ad uno spostamento possano aver senso.


Sforzarsi senza ottenere risultati può diventare una vera e propria tortura, tale da farci abbandonare i nostri buoni propositi.


ESERCIZIO 1
Rifletti su questa domanda “Quali cambiamenti interni e spostamenti profondi hanno caratterizzato la mia vita in questo periodo?”.

Direzionare la tua forza

Una cosa che per ora abbiamo sorvolato ma che ora ci torna utile è domandarci: qual è la giusta direzione della forza da applicare? Tornando all’esempio della bottiglia, se applichiamo la nostra forza verso l’alto avremo la possibilità di creare un lavoro spostandola, ma se invece la applicassimo verso il tavolo su cui è poggiata la bottiglia, non la muoveremo di un millimetro, con l’inevitabile risultato di non generare alcun lavoro.


Occorre dunque sapere direzionare i propri sforzi per potere avere dei risultati.


E allora come posso sapere in quale direzione applicarmi? Eccoci al nocciolo della questione: prima di poter fare un lavoro su di sé, occorre conoscersi. Senza conoscere sé stessi e i propri scopi infatti, sia i risultati che i fallimenti saranno puramente accidentali.

ESERCIZIO 2
Prenditi 5 minuti per scrivere nero su bianco le risposte che ti vengono in mente a queste domande: “Quali cose nuove ho scoperto su di me nell’ultimo anno?” “Che scopi e obiettivi mi pongo in questo momento della vita?”. Solo conoscendoti meglio potrai applicare coerentemente i tuoi sforzi.

Lavoro su di sé e professione

Ora vediamo come declinare il lavoro su di sé nella propria professione. Possiamo dire in generale che qualsiasi mestiere richiede degli sforzi ordinari, che sono quelli necessari a compiere la nostra attività quotidiana. Se osserviamo attentamente, la maggior parte delle attività lavorative che compiamo sono reazioni a stimoli esterni, quindi potremmo dire che il lavoro lo stiamo subendo più che applicando.

Cambiando invece prospettiva, possiamo trovare degli sbocchi per individuare in quali ambiti applicare il nostro impegno e lavorare su di noi; in questo modo sapremo inoltre riconoscere se abbiamo ottenuto risultati a fronte degli sforzi fatti.

prospettiva

ESERCIZIO 3
Eccoti alcune domande, divise per ambiti, che ti aiuteranno ad applicare il lavoro su di sé al mondo del business, permettendoti di fare una verifica puntuale sui tuoi progressi.

  • Le relazioni. Sono soddisfatto della qualità delle mie relazioni? Come vivo la relazione con i miei colleghi ed i miei clienti?
    Se ritengo di stare facendo un lavoro su di me in questo ambito, posso verificare se negli ultimi anni ho attratto o meno persone più corrispondenti alla mia essenza e a quello della mia azienda.
  • Le competenze. Sono o non sono competente?
    È importante che mi dia delle scadenze e delle occasioni di verifica per poter valutare se le mie competenze sono cresciute oppure no. Ho sempre fatto le stesse cose o mi sono concesso anche delle novità? La presunzione di dire che so già tutto del mio lavoro è fondata o no? Sto facendo aggiornamento professionale oppure no?
  • La passione. Il mio lavoro mi ha stufato? O mi appassiona troppo e mi sto intossicando?
    Questo è un ambito di applicazione del lavoro su di sé fondamentale. Se il mio fuoco è spento, è bene che mi impegni a trovare un modo di applicare le forze giuste per riaccenderlo. Altre volte invece le proprie passioni o talenti fagocitano tutta la nostra vita, non lasciando spazio per tutto il resto. Sto quindi dedicandomi anche alla famiglia? Ho degli hobby e degli interessi estranei al lavoro?

Per ognuno dei punti precedenti puoi domandarti:

  • A – In quale di questi ambiti desidero crescere?
  • B – Quali sforzi sto applicando perché questa crescita si verifichi?
  • C – Ci sono degli spostamenti misurabili che mi facciano intendere che gli sforzi
    che sto facendo sono ben applicati?

Non esiste una definizione univoca del lavoro su sé stessi, né un rapporto immediato di causa effetto tra evoluzione personale e successo. Ciò che è certo è che per far accadere, succedere appunto, ciò che desideriamo è necessario applicare la giusta forza nella direzione di un cambiamento costruttivo per noi e per gli altri.


È un impegno costante cui nessuno di coloro che hanno ottenuto grandi risultati si è mai sottratto. Ma non preoccuparti: impegno non significa per forza fatica. Secondo il Taoismo, infatti, l’eleganza è riuscire ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.

| partem claram semper aspice |

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