Il cambiamento fa parte dell’essenza del mondo e non c’è nulla che si ripeta in modo identico. In verità l’unica cosa immutabile è il mutamento stesso.
Gregory Bateson
Per molto tempo ho pensato che cambiare lavoro fosse un’opzione esclusiva per persone con obiettivi chiari (n.d.r. per le corrette regole di formazione di un obiettivo leggi qui) e idee precise, ma ogni volta che la domanda “cosa voglio fare da grande?” affiorava dentro di me non trovavo risposte, pur essendo già “grande” da un po’!
Quello che ho scoperto successivamente è che si può scegliere di cambiare perché la situazione in cui ci troviamo non fa più per noi, o semplicemente perché diventa forte il bisogno di fare cose diverse, di uscire da schemi già noti.
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Insomma si può decidere di cambiare anche se non si ha chiaro dove andare. Perché, ora lo so, cambiare è un processo, i cui tempi e modalità all’inizio non ci sono noti.
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Rendersi conto con chiarezza che ciò che facciamo non ci soddisfa più pienamente è l’inizio del viaggio.
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Cambiare è un processo che parte da noi
“Ho lavorato in azienda per una vita…” è così che, a chi me lo chiedeva, iniziavo a descrivere i 16 anni trascorsi come dipendente nel settore dell’industria alimentare. Con quell’espressione “una vita” sottolineavo, più o meno consapevolmente, la percezione di un tempo lunghissimo, denso di tante esperienze che ormai mi stavano strette.
Quando ho iniziato a lavorare in azienda, dopo l’università, dopo la famiglia e i figli, cercavo un modo per uscire dal guscio, per imparare cose nuove, entrare in relazione con altre persone e, non ultimo, guadagnarmi l’indipendenza economica. Nel tempo ho ricoperto vari ruoli perché l’azienda stessa si era trasformata: un fattore positivo per me che ho sempre considerato i cambiamenti come opportunità.
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Vivevo però un senso di insoddisfazione legato alla difficoltà di realizzare ciò che ero e ciò in cui credevo: le persone al centro dell’azienda, la valorizzazione dei talenti, il cliente come fulcro del business.
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Troppo impegnata a seguire le sorti dell’organizzazione, che stava trasformandosi da storica azienda famigliare in multinazionale, rischiavo di perdere di vista il desiderio di cambiare che da tempo urlava in me e che intravedevo come da dietro a una tenda, senza mai trovare il tempo (questo è ciò che mi dicevo) di osservarlo da vicino.
Cambiare è accettare ciò che siamo
Per dare sfogo al bisogno di autenticità, qualche anno fa ho iniziato a seguire corsi sulla comunicazione e percorsi di consapevolezza (n.d.r. alcuni dei quali con Roberto Gavioli), ritagliandomi momenti che pensavo di non avere e avventurandomi in uno scenario totalmente nuovo.
Lavorare su di me nel tempo libero mi aiutava a scoprire parti di me stessa che non conoscevo e che potevo sperimentare anche nel contesto lavorativo. E’ così che il mio approccio in azienda si è trasformato.
Anziché continuare a sottolineare quanto poco sentissi di appartenere a quel mondo, e mettere continuamente in luce tutti i problemi e le difficoltà, ho iniziato a percepire che essere lì doveva avere un significato profondo nascosto da qualche parte!
In effetti non era poi tutto così negativo. Anzi, guardandomi indietro mi rendo conto di quante competenze abbia acquisito, di quanti elementi di rinnovamento stessi apportando all’ambiente, favorendo la trasformazione dell’organizzazione per la quale lavoravo.
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Cambiare è assumersi la responsabilità della nostra realizzazione
Ciò che mi sorprende tuttora è la forza e la chiarezza con cui il Nuovo si presenta non appena i limiti imposti dalla mente si aprono: i “ma” e i “se” – pur continuando ad affiorare – restano inascoltati, grazie alla consapevolezza che aiuta a trasformare la mente da padrona in amica, rendendola un potente strumento di elaborazione e organizzazione di intuizioni e idee.
Questo atteggiamento di apertura e fiducia nei confronti di se stessi è fondamentale per allineare alla nuova identità tutti i livelli attraverso i quali il nostro essere si organizza: piano piano valori, convinzioni, capacità, comportamenti diventano coerenti con ciò che siamo e inaspettatamente anche dove prima esistevano dubbi e timori, iniziano a dipanarsi opportunità e soluzioni.
Ora ho la possibilità di trasmettere ad altri la mia esperienza e gli strumenti acquisiti, in aula e negli incontri individuali, parlando di comunicazione efficace, di consapevolezza o di relazione con il cliente, e di ricevere a mia volta nuova esperienza e arricchimento grazie allo scambio continuo che naturalmente si genera.
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Non mi chiedo più “cosa voglio fare da grande” perché ora so che grandi, al di là dell’età anagrafica, si diventa ogni volta che si riesce a vedere il cambiamento come un’opportunità e che tentare di sottrarsi ad esso, per paura di perdere qualcosa o per timore di andare verso ciò che non conosciamo, ci rende solo più titubanti nell’assumerci la responsabilità della realizzazione di noi stessi.
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Non importa quanto tempo è necessario per comprenderlo, né quanto è lunga la strada prima della svolta: il tempo non è quello della mente, è il tempo del “cuore” una dimensione interiore nella quale non serve pensare, pianificare, organizzare.
Quando arriva il momento, quello giusto per noi, di compiere il secondo passo semplicemente ci alzeremo e partiremo verso il nuovo che ci attende con Fiducia e Gratitudine per ciò che siamo.
| partem claram semper aspice |
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