di Alice Alessandri e Alberto Aleo
Vi siete accorti che il “gergo” dei leader aziendali è spesso ispirato, se non interamente mutuato, da quello di generali e comandanti dell’esercito? “Conquistare aree di mercato”, “intercettare il target”, “sconfiggere la concorrenza” sono espressioni ormai di uso corrente. Questo modo di concepire l’azienda e i suoi processi cozza però con il risultato che molte organizzazioni si prefiggono nei confronti del cliente: farlo innamorare e far si che la relazione con lui permanga nel tempo.
C’è quindi da chiedersi, come potrà un gruppo di persone addestrate seguendo i dettami dell’arte della guerra esser credibile nel “parlare d’amore” ai propri acquirenti? E’ ancora valido il modello di leadership militare per primeggiare in un mercato che sta imparando a dare valore a concetti come fiducia, etica, sostenibilità e amore?
Lo abbiamo chiesto a Leigh Hafrey docente di leadership in quella che è considerata una delle più prestigiose istituzioni formative per manager e imprenditori: la Sloan Business School del MIT, con sede a Boston, il cui Master in Business Administration è da sempre incluso tra le migliori posizioni della classifica globale MBA.
Leader di valore
The mission of the MIT Sloan School of Management is to develop principled, innovative leaders who improve the world and to generate ideas that advance management practice.
Mission of the MIT Sloan School of Management
Non sappiamo come vi immaginiate un corso di leadership, ma prender parte ad una classe del Prof Hafrey – come è successo a noi – vi lascerebbe positivamente spiazzati. Niente teorie d’accademia ma una vera e propria lezione compartecipata, in cui il docente aiuta e guida gli studenti a tirar fuori contenuti e valori utili per trovare il proprio personale stile di leadership. Si perché, come lo stesso Hafrey sostiene ,
Parlare di leadership è parlare di valori. Ognuno di noi guida la sua vita – e quella del suo gruppo – con uno stile e verso obiettivi che sono la naturale conseguenza dei suoi valori. Spesso le persone non sono consapevoli di ciò che li muove nel profondo*, ma ciò non significa che questi principi smettano di esercitare la loro azione.
È proprio questa la ragione per cui il professore della Sloan utilizza un mezzo insolito per “condurre” i suoi studenti verso una rinnovata coscienza di sé: la lettura e la narrazione di storie, a volte prese in prestito dai libri, a volte dal cinema o dalle biografie di grandi personaggi.
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Approfondimento:
nel corso in cui siamo stati suoi ospiti, il Prof. Hafrey consigliava di leggere, tra le tante cose, “Il Principe” di Machiavelli e le “Lettere dalla prigione di Birmingham” di Martin Luther King, Jr.
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Corsi e ricorsi
Today we seek to define leadership beyond war, leadership in a society where we would understand collectively that war represents a limited and limiting opportunity and should not serve 21st-century America as a dominant frame of reference.
Hafrey, Leigh. War Stories: Fighting, Competing, Imagining, Leading
Essendo un esperto di leadership ed un attento studioso di figure e personaggi che in ogni epoca l’hanno saputa esprimere al meglio, chiediamo al Prof. Hafrey di dirci se la tendenza ad esprimere uno stile etico di conduzione manageriale, che sembra caratterizzare il successo aziende come Virgin o Cucinelli – solo per fare due nomi noti nel mondo – sia soltanto una moda oppure qualcosa di più concreto.
Non c’è mai stato un momento in cui il business non sia stato connesso all’etica. La funzione del mercato è da sempre quella di contribuire allo sviluppo delle società. Già Aristotele ne la Politica parlava dei modi naturali e innaturali di arricchirsi. Quello che è cambiato, forse, non sono tanto gli obiettivi del management ma piuttosto la capacità delle persone di prendere consapevolezza e rimanere in contatto con i propri valori.
Un buon modo per farlo è, secondo Hafrey, usare il potere “della storia e delle storie” per incrementare la cultura e la conoscenza personali.
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Approfondimento:
un excursus interessante sull’approccio alla leadership statunitense e sulle relazione tra questo e la retorica militare è contenuto nel libro War Stories scritto appunto da L. Hafrey.
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C’era una volta un capo…
If we do not change, reweave, reconstruct, and recount our stories, we cannot discover new ways of being and managing.
Hafrey, Leigh. The Story of Success: Five Steps to Mastering Ethics in Business
La narrazione quindi come strumento di apprendimento e riscoperta dei nostri valori, ma coltivare e familiarizzare noi stessi con le “parole” non significa solo leggere. Per Hafrey infatti alla base di ogni cultura – anche quella di management – c’è la capacità di saper raccontare storie convincenti, che declinino e tramandino valori. Secondo il nostro ospite quindi scrivere la propria storia e raccontarla, praticando quello che il marketing moderno definirebbe storytelling, è un ottimo modo per focalizzare ciò in cui crediamo, costruire il proprio futuro e contribuire all’evoluzione del sistema.
Raccontare buone storie è utile perché definisce la cultura di una comunità, ne reinterpreta la tradizione e costruisce il futuro. L’immagine cui ispirarsi è quella degli anziani che, accanto al focolare domestico, raccontano un passato forse romanzato ma che così riorganizzato può essere compreso dai giovani, che in quel tempo e in quei luoghi non sono mai stati ma che su quegli insegnamenti fonderanno il loro futuro.
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Approfondimento:
se sei interessato a conoscere meglio altri protagonisti dei dibattiti sul Business Etico, perché non dai un’occhiata alla nostra raccolta di interviste? Clicca qui per saperne di più.
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| partem claram semper aspice |
Leigh Hafrey e Passodue: storia di un’amicizia (quasi) impossibile
Quando nel 2013 abbiamo deciso di iniziare una ricerca indipendente sul ruolo che le buone prassi, la fiducia e le relazioni hanno nel successo commerciale di un’azienda (ricerca che poi a dato vita al libro “La Vendita Etica” n.d.r.) partendo da Boston, non avevamo quasi nessun contatto negli Stati Uniti ma soltanto una lista di pochi nomi che ci sarebbe piaciuto incontrare. Tra questi proprio quello di Leigh Hafrey, che ci aveva affascinato in egual misura per il suo metodo di lavoro e per il suo profilo personale, che raccontava di un periodo passato a dirigere una delle “Case” di Harvard dove lui e sua moglie avevano unito la loro vita privata e il lavoro, la loro famiglia con gli studenti, un’esperienza che assomigliava molto al nostro modo di intendere le relazioni.
Gli abbiamo quindi scritto immaginando che, un docente della sua levatura e appartenente ad un’istituzione così prestigiosa, difficilmente avrebbe trovato tempo da dedicarci. Ma come nel miglior tradizione americana – dove un’opportunità non si nega a nessuno – il Prof. Hafrey ci ha risposto e invitato ad incontrarlo contribuendo significativamente, con consigli e contatti, alla riuscita del nostro progetto. Da quel momento ogni volta che siamo a Boston non perdiamo occasione di andarlo a trovare, sia perché il confronto con lui è sempre ricco di spunti preziosi, sia perché ormai sentiamo un sincero legame d’affetto e gratitudine nei suoi confronti; e lui ci accoglie sempre con pazienza e elegante gentilezza. Non avremmo mai pensato che varcare l’ingresso di una delle università più prestigiose del mondo (il MIT vanta 78 Premi Nobel transitati dalle sue aule) diventasse per noi quasi un’abitudine.
* Note: l’enfasi tipografica del testo, in grassetto e corsivo, è stata aggiunta dall’editore per facilitare la lettura. Non erano presenti nell’intervista originale.
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[…] che possiamo fare come leader etici è scandire e modificare il nostro comportamento in base al livello del singolo collaboratore, […]