di Alberto Aleo
Nella nostra esperienza di consulenti vediamo tante aziende operanti in molti settori diversi, ma nonostante questa grande varietà la maggior parte di loro è afflitta da un unico problema ricorrente: la mancanza di analisi di dati a supporto delle scelte strategiche e operative.
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Le analisi di dati sono alla base di moltissime delle attività aziendali, il marketing in particolare ha un rapporto con la statistica e con l’informazione misurabile, ancora più stretto tanto quasi da non poter esistere in mancanza di queste.
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L’assenza di analisi di dati che affligge molte delle nostre aziende è spesso figlia della presunzione o di un mal riposto estro creativo. Provo a spiegarmi meglio: ancora oggi alcuni direttori commerciali alla richiesta di fornire dati sul venduto o una previsione di fatturato rispondono: “Ma a che serve? Conosco bene i miei clienti e so io cosa vuole il mercato!”. Succede lo stesso ad alcuni imprenditori che di fronte ad una profilazione del target o ai dati sull’efficacia degli strumenti di comunicazione (per i quali ogni anno pagano un sacco di quattrini) storcono il naso dicendo “Se dovessimo decidere con i numeri in mano non saremmo andati da nessuna parte, d’altronde lo diceva pure Steve Jobs che le analisi di marketing non servono a nulla!”.
Ecco qua, il commerciale ridotto ad un mestiere di “pancia” senza nessuna competenza specifica a fargli da supporto, e il marketing ad un’attività “artistica” nella quale bisogna essere liberi di creare senza troppi vincoli. Ovviamente stiamo caricaturizzando una realtà più complessa, che però sempre più spesso assomiglia alla nostra rappresentazione.
“Lo pensi o lo sai?” Riccardo Silvi, docente di performance measurement systems, all’Università di Bologna, è solito porre domande e chiedere possibili soluzioni a problemi aziendali ai suoi allievi e – ad ogni risposta – parafrasando un detto manageriale anglosassone, rivolge ai suoi interlocutori questa domanda per capire se le loro opinioni si basano sulla conoscenza o su sensazioni personali, invitandoli quindi ad adottare un approccio razionale, analitico, basato su elementi e analisi dei dati di contesto. Anche noi, ogni giorno nel nostro lavoro, dovremmo provare a rispondere alla domanda del Prof. Silvi.
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E’ infatti proprio nello scegliere cosa osservare, e nel come incrociare i dati di questa osservazione, che si esprime gran parte del nostro “talento strategico”.
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Eppure pochissime aziende conducono ad esempio una seria analisi del loro portafoglio clienti, come quella cui abbiamo accennato nel post ‘Cliente che vai, strategia che tieni’.
Identificare le fasce di clienti ci permetterà, tra le altre cose, di studiare le modalità d’incasso e la rischiosità del credito al variare della caratteristiche del target. E’ così che molte aziende scoprono che il famoso 20% di clienti che genera l’80% del fatturato (e che dovrebbe rappresentare lo “zoccolo duro” del loro business) è in effetti una “bomba ad orologeria” pronta a detonare da un momento all’altro. Si ricavano inoltre informazioni fondamentali per calibrare le argomentazioni di vendita: potremmo scoprire che intere fasce di clientela sono molto meno sensibili alla leva prezzo rispetto alle altre caratteristiche del prodotto o servizio. Personalmente credo che la base di dati minima da avere a disposizione dovrebbe essere così formata:
- Analisi dei dati di andamento vendite, non solo il fatturato generale ma anche margini e pagamenti. Ovviamente interrogabile per prodotto, area commerciale, cliente;
- Analisi dei dati di andamento generale del mercato con (se è possibile) identificazione della nostra quota di penetrazione e quella dei principali competitors (per il calcolo della quota andatevi a guardare il post ‘Missione impossibile: calcolare la quota di mercato’);
- Analisi di confronto con la concorrenza, incrociando le caratteristiche dell’intero sistema d’offerta (non solo prodotti quindi, ma anche servizi, comunicazione e tutto quello che costituisce “l’output” aziendale) con la quota di mercato per identificare meglio quali scelte sono state premiate dai clienti;
- Analisi ABC dei clienti (quella di cui abbiamo parlato nel post citato all’inizio);
- Verifica delle performance aziendali, con un focus specifico sull’attività commerciale che evidenzi ad esempio le visite ai clienti, i preventivi generati e la loro percentuale di chiusura, il numero, la frequenza e l’importo medio degli acquisti. Non trascurando di dare un’occhiata alle statistiche d’ingresso in portafoglio di nuovi clienti.
Reperire tutte queste informazioni a volte non è facile, ma vi assicuro che in molti casi basta un foglio excel ed un po’ di buona volontà: rimarrete stupiti da quante informazioni e nuove idee deriverete da questo lavoro! Osservare è un atto “creativo” non solo perché offre spunti alle nostre idee, ma anche perché – in un certo senso – cambia l’oggetto della nostra osservazione.
Proprio come succede nella fisica quantistica, anche nella vendita il solo atto di osservare un cliente con attenzione, fargli le domande giuste e individuare con maggior puntualità le sue esigenze, cambia il nostro rapporto con lui, aumentando le nostre performance commerciali.
E’ un circolo virtuoso che va innescato al più presto!
Vi lasciamo con un esercizio che vi aiuterà a riflettere sull’argomento di oggi e che è ancora una volta ispirato dalle lezioni del Prof. Silvi. Immaginate di scattare una foto al vostro cliente tipo e provate quindi a descriverne le caratteristiche, gli stili di consumo, la storia della relazione che vi lega e così via. Quanto delle cose che state descrivendo è supportato da dati e quanto invece “pensate che sia così” ma non lo avete mai verificato numeri alla mano?
| partem claram semper aspice |
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L’ha ribloggato su Gestione Documentale, Archiviazione Sostitutiva, Gestione dei Processi Aziendali: Processidocumentali.come ha commentato:
Davvero realistico questo articolo pubblicato sul blog “Diario di un consulente” : io personalmente sono dell’avviso che non si possa condurre nessuna scelta sensata senza una attenta analisi delle informazioni a disposizione. Ma per poterlo fare, bisogna avere all’interno dell’impresa o dell’organizzazione i giusti strumenti di gestione delle principali fonti di informazione, interne o esterne alla stessa.
[…] invece molte aziende sono abituate a gestire il flusso di dati commerciali dall’alto verso il basso: è cioè la direzione che – raccolti i dati attraverso i […]