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di Mirella Facchinetti

Internazionalizzazione, una parola difficile da pronunciare che forse già spaventa mentre la si prova ad articolare. Internazionalizzazione è in effetti un concetto complesso da spiegare perché racchiude molti aspetti e nella sua lunghezza la parola stessa già anticipa un processo con una prospettiva a lungo termine. Preparati dunque a scoprire cosa significa davvero internazionalizzazione, quali sono le sue tappe fondamentali e a chi conviene intraprenderle.

internazionalizzazione

Photo Nico Smit on Unsplash

Vendite all’estero vs Internazionalizzazione

Voglio subito disilludere coloro che credono che internazionalizzare la propria azienda significhi semplicemente vendere all’estero.


L’internazionalizzazione è un percorso di espansione che l’organizzazione intraprende per crescere ed evolvere.


Le motivazioni principali che spingono l’azienda ad andare oltre i propri confini territoriali certamente sono:

  • aumentare il fatturato – grazie all’allargamento della base clienti
  • incrementare i margini – i mercati esteri solitamente remunerano maggiormente il valore, sostenendo prezzi più alti
  • ridurre i costi di produzione – come succede quando ad internazionalizzarsi non è solo il commerciale ma anche i reparti produttivi che possono trasferire parte delle lavorazioni in paesi dove i costi sono inferiori
  • acquisire know-how – imparando a gestire non solo il mercato domestico, confrontandosi con nuove sfide.

Le ultime vicende socioeconomiche hanno fatto da acceleratore per la spinta verso i mercati esteri come via di uscita da una crisi senza precedenti. Lo dimostrano gli ingenti incentivi che gli Stati hanno messo a disposizione a favore delle micro e piccole imprese per l’inserimento di figure professionali specializzate chiamate Temporary Export Manager, per la partecipazione alle fiere internazionali e l’incremento di presenza digitale.

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Photo by Igor Miske on Unsplash

Internazionalizzazione e digitalizzazione

La digitalizzazione gioca un ruolo fondamentale nella crescente propensione delle aziende, soprattutto quelle meno strutturate, a rivolgersi ai mercati esteri perché ha accorciato fisicamente le distanze, permettendo di conquistare nuovi partner e clienti in tempi più brevi e con investimenti nettamente inferiori rispetto al passato quando era necessario recarsi in loco per incontrarsi.

Se prima era impensabile proporre meeting strategici online, oggi grazie alla diffusione dello smart working il lavoro delle figure dedicate all’internazionalizzazione è diventato più sostenibile. Niente più viaggi superflui, bensì un contatto più assiduo ed agile che consente di coltivare la relazione con i propri clienti e quelli potenziali con molta più costanza e continuità.


Digitalizzazione e internazionalizzazione oltre al suffisso hanno un aspetto fondamentale in comune: richiedono consapevolezza.


Entrambe, infatti, sono catalizzatori di infinite opportunità. Attenzione però, come quando ci troviamo di fronte a una vasta scelta, può succederci ciò che accade ad un bambino in un negozio di caramelle: vogliamo tutto e subito!

In viaggio verso l’internazionalizzazione

Invece che essere un incentivo a mettersi in viaggio, l’eccesso di opportunità e di scelte può generare il timore di non sapere dove andare, finendo spesso per immobilizzare le aziende che rinunciano e si accontentano del mercato locale e delle richieste che arrivano spontaneamente dall’estero.

Nessun vento è a favore per il marinaio che non sa dove andare” – Seneca.

È qui che entra in gioco la consapevolezza che dovrebbe portare gli imprenditori a chiedersi innanzitutto chi sono, dove voglio andare e con chi?

Business Export

Queste domande le conoscono bene le startup più recenti che, contaminate dal modello americano della Silicon Valley naturalmente vocato all’internazionalizzazione, sono partire dal chiedersi perché (e per chi) per poi passare al come e infine al cosa offrire.

Per le PMI italiane il discorso può essere diverso perché tipicamente sono aziende di seconda, terza o quarta generazione e potrebbero aver smesso di farsi quelle domande, continuando ad operare secondo processi consolidati all’interno di mercati dai confini precisi che rappresentano in alcuni casi una vera e propria “confort zone” seppur sempre più ridotta dalle recenti crisi di domanda.


Per iniziare un processo di internazionalizzazione è dunque prima di tutto necessario esplorare l’identità dell’azienda e il valore del suo sistema di offerta, così da poterli raccontare a potenziali partner e clienti internazionali.


Ma non basta, per poter costruire una narrazione persuasiva occorre guardarsi con gli occhi degli acquirenti che vogliamo conquistare.

In altre parole è necessario valorizzare ciò che nel mercato locale si tende a dare per scontato e riflettere su quegli aspetti della nostra offerta che magari non sono rilevanti nel mercato interno, ma diventano distintivi se operiamo all’estero. Un esempio? L’italianità non è molto apprezzata dai clienti italiani, per la maggior parte esterofili come ci dicono le ricerche, ma lo è moltissimo in mercati come USA, Germania, Europa dell’est ed estremo oriente.

Errori di internazionalizzazione

L’internazionalizzazione è un processo che richiede la capacità di essere pienamente se stessi pensando in modo globale.

Uno degli errori più ricorrenti è quello di cercare di proporre ciò che già c’è sul mercato estero copiando i concorrenti locali invece di esaltare al massimo il Made in Italy e i valori che porta con sé.


Internazionalizzazione infatti non significa solamente andare oltre i propri confini territoriali ma anche quelli mentali.


Ogni mercato ha le sue peculiarità, il suo “genius loci” ed è per questo che occorre focus. Un altro errore molto diffuso è quello di voler “sparare tanti colpi” contemporaneamente in più mercati sottovalutando l’impegno di energia, di tempo e di risorse economiche che l’apertura di nuovi mercati richiede.

Solo un’attenta analisi del proprio potenziale, di quello dei mercati esteri e la scelta di quelli più strategici basata su dati quantitativi/qualitativi può portare un ROI positivo.

Bisogna darsi tempo e scegliere. Il più delle volte invece nelle PMI italiane ci si basa su intuizioni, emozioni o su un “sentito dire”, creandosi così false aspettative.

Competenze linguistiche e culturali sono fondamentali per comprendere i problemi dei clienti stranieri e tradurli in soluzioni attraverso l’osservazione e l’ascolto dei loro bisogni, consci ed inconsci. Prima di condurre una trattativa commerciale è assolutamente raccomandato informarsi su usi, costumi, rituali e sistema di credenze della cultura alla quale ci si rivolge, per evitare di mandare all’aria gli affari e creare una cattiva reputazione.

Business Export

La fiducia è l’elemento chiave in ogni relazione commerciale. Quando non si conosce una cultura e non si sanno interpretare certi tipi di comportamenti, si rischia di fraintendere i messaggi e le intenzioni degli interlocutori stranieri, reagendo in un modo che può compromettere la credibilità del brand.

Sono inoltre da considerare molto attentamente aspetti logistici, contrattuali e di proprietà intellettuale per evitare di trovarsi difronte a spiacevoli inconvenienti che potrebbero costare cari all’azienda.

Tutte queste attenzioni permetteranno di ridurre lo stress da internazionalizzazione di cui ha parlato Alberto Aleo in un articolo pubblicato su questo blog qualche tempo fa, rendendo il percorso verso l’apertura di mercati esteri più facile ed abbordabile anche a piccole organizzazioni che magari non lo avevano mai contemplato.

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Di questo e molto altro parleremo durante l’incontro formativo Business Passport che si svolgerà il 22 Ottobre sia on-line che dal vivo. Il percorso è rivolto a tutti coloro che hanno consolidato il proprio business nel mercato italiano e sono motivati a uscire dalla propria zona di confort, sono flessibili a sperimentare nuovi modelli di business, allargare l’offerta e cambiare il proprio approccio lasciandosi contaminare dalle culture con cui entrano in contatto.
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E se stai pensando che l’internazionalizzazione è un passo troppo lungo per te il tuo business iscriviti ugualmente, potresti avere delle piacevoli soprese!

| partem claram semper aspice |

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Passodue, studio di consulenza e formazione, nasce nel 2012 dalla volontà di Alice Alessandri e Alberto Aleo di unire le loro esperienze per dare una svolta alla vita personale e professionale. Il progetto è basato sull’idea di cambiare la forma mentis del mercato rispetto ai concetti di “vendita”, “marketing” e “leadership” dimostrando che fare business eticamente si può e può essere assolutamente efficace.

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