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di Alberto Aleo e Alice Alessandri

Dalle pagine di questo blog ci avete sentito spesso parlare di quanto sia importante assegnare uno scopo alto alle aziende che vada oltre il mero profitto e, più in generale, a noi stessi e al nostro lavoro. Rimanere fedeli alla propria “missione professionale” è fondamentale per dare coerenza all’azione, orientarsi nei momenti di confusione e difficoltà, rendersi più riconoscibili agli occhi di clienti e stakeholders. Ancora, una purpose chiara motiva facendo da sprone al team, coinvolgendo tutti in qualcosa di più grande.

Insomma ci sono tante ragioni per le quali è importante avere una chiara e condivisibile missione professionale, ma come fare ad individuarla? È una domanda che i clienti ci rivolgono spesso durante le formazioni e le consulenze, alla quale abbiamo deciso di rispondere attraverso questo articolo. Se siete quindi ancora indecisi o non avete ben chiaro quale sia lo scopo ultimo di tutta la fatica che sentite di fare ogni giorno, continuate a leggere!

Bisogni in evoluzione

Qualche tempo fa, in un articolo dedicato alla nota piramide dei bisogni di Maslow, abbiamo parlato di quanto sia importante capire a che livello si collochino le nostre spinte motivazionali. Se alla domanda “Perché ti rechi al lavoro ogni mattina?” rispondiamo ancora “Per poter mangiare tutti i giorni!” vuol dire che la nostra missione professionale si posiziona ancora molto in basso nella piramide delle possibili ragioni e degli scopi. Certamente esistono situazioni disperate in cui è davvero la sopravvivenza l’unica cosa di cui occuparsi, ma in molti casi la missione professionale potrebbe essere evoluta, magari interrogandosi, investendo su se stessi e prendendosi anche qualche rischio pur di scalare verso l’alto.

Molti di quelli che restano bloccati alla base della piramide, infatti, scelgono di farlo abdicando, più o meno implicitamente, alla loro stessa ambizione.


Ad essi non ci resta che ricordare quanto sia precaria ed infelice la vita di coloro che si accontentano di uno scopo basso, perché presto o tardi perderanno motivazione, le loro performance diminuiranno e cresceranno le possibilità di perdere proprio ciò che pensavano di difendere attraverso questa strategia remissiva.


Saper individuare il proprio livello nello schema di Maslow è certamente importante ma ancora non sufficiente, esso contiene infatti una risposta generica rispetto a ciò che ci muove e ai nostri obiettivi. Per poter chiarire meglio la missione professionale dobbiamo aggiungere un ulteriore passaggio.

Il passo prima della reciprocità

Della reciprocità abbiamo già parlato nel contesto delle strategie di networking. Quello che ci preme sottolineare adesso è che la legge del dare e avere contiene un’interessante formula per capire meglio chi siamo e cosa abbiamo da offrire al mondo, quindi può anche aiutare a scoprire la propria missione professionale.


La legge della reciprocità, inspirandosi al principio di azione e reazione, ricorda che niente si può ricevere senza che prima si sia offerto qualcosa.


A ben guardare natura, qualità e quantità di ciò che riceveremo sono strettamente connessi con quello che abbiamo donato per primi. Ad esempio se voglio ricevere gentilezza dovrò offrire gentilezza, il che significa che dovrò essere gentile con il mio prossimo. Fino a qui tutto sembra logico. Se ciò che offro e ciò che ricevo sono così strettamente connessi, potremmo ribaltare la domanda contenuta nel titolo di questo articolo chiedendoci “cosa voglio ricevere dal mio lavoro e dalla mia azione di business?”.

Se molti infatti sono confusi riguardo alla propria missione professionale (che ha forti correlazioni con ciò che abbiamo da “offrire” al mercato) tantissimi hanno chiaro cosa vogliono dal loro lavoro e quindi troveranno più facile ottenere una risposta a questa nuova domanda. Nella soluzione di questo interrogativo vi aiuterà oltretutto il lavoro fatto nel paragrafo precedente: se ad esempio avrete compreso che nella piramide di Maslow siete al livello della stima vuol dire che essa è ciò che desiderate ricevere.

La domanda allora diventa “Cosa posso offrire per ricevere in cambio stima?”. Certamente tutto questo ci avvicina all’identificazione della missione professionale, ma manca ancora un tassello che affronteremo nell’ultimo paragrafo!

missione professionale

Missione professionale: siamo quello che facciamo

Abbiamo dunque trovato un modo per capire cosa offrire attraverso il lavoro o il business che curiamo. Compiamo ora insieme un ultimo passaggio alla scoperta della missione professionale facendoci aiutare da un nuovo schema, sempre a piramide, elaborato questa volta da Robert Dilts che ha introdotto il concetto di livelli logici. Secondo questa teoria ogni aspetto della nostra vita è collegato. Tali collegamenti avvengono su piani diversi e un cambiamento in quelli più alti si ripercuote sui più bassi. Ciò che accade in uno strato inferiore è quindi funzione di quello che c’è sopra.

Allineare i livelli logici significa far si che ci sia coerenza tra sopra e sotto. Capita però che le risposte che riceviamo dal contesto e dall’ambiente in cui operiamo (primo livello), non ci appaiano coerenti con i comportamenti (secondo livello) che sentiamo di agire o con le competenze e capacità che ci auto-riconosciamo (terzo livello).

In verità la coerenza spesso esiste solo che non ce ne rendiamo conto, perché non guardiamo in modo davvero oggettivo alle cause che hanno generato certi effetti. 

Riprendiamo in mano l’esempio del paragrafo precedente: avevamo scoperto di essere alla ricerca di stima e, grazie alla legge della reciprocità, ci siamo convinti che per soddisfare tale bisogno dovremmo offrire, in anticipo, qualcosa. Mettiamo che abbiate scoperto che la contropartita per ottenere di essere stimati sia rispetto, professionalità, competenza. Tramite la piramide di Dilts cercate di definire più nel dettaglio la natura di questa offerta, specificando quali comportamenti (secondo livello) concretamente adottare, quali competenze (terzo livello) vi supporteranno e su quali valori e convinzioni (quarto livello) si basa la vostra idea di professionalità e rispetto.

Alla fine del processo avrete scoperto cosa è importante per voi e le qualità che vi caratterizzano.

Questi sono i pilastri su cui è basata l’identità (quinto livello) professionale che vi contraddistingue. Adesso osservate il professionista di cui avete disegnato i tratti e chiedetevi in cosa può servire gli altri, qual è lo scopo (sesto livello) ovvero la missione professionale di cui può prendersi carico. 

Nonostante l’aiuto di schemi e metodi, ci rendiamo conto che individuare la missione professionale non è per niente facile ma nemmeno impossibile e sicuramente indispensabile.


Ricordate che viaggiare, leggere, incontrare persone e sperimentarsi sono attività molto efficaci per “scoprirsi”.


Comunque vada, una volta che la vostra missione professionale* vi sarà chiara seguitela senza indugi: è un vostro dovere – prima ancora che un diritto – farlo. Talento e passione infatti non vanno mai sprecate altrimenti, come si suol dire, si spegne una stella.

(*) Avrete notato che abbiamo evitato di usare il termine mission, preferendo quello di missione: in italiano un concetto più vicino al ruolo di chi è a servizio di scopi più alti.

| partem claram semper aspice |

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Passodue, studio di consulenza e formazione, nasce nel 2012 dalla volontà di Alice Alessandri e Alberto Aleo di unire le loro esperienze per dare una svolta alla vita personale e professionale. Il progetto è basato sull’idea di cambiare la forma mentis del mercato rispetto ai concetti di “vendita”, “marketing” e “leadership” dimostrando che fare business eticamente si può e può essere assolutamente efficace.

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