Immagino che a ciascuno di voi sia capitato di trovarsi di fronte a una persona e di avere la sensazione che non ce la stia raccontando giusta, nonostante le sue parole rassicuranti. A tutti poi, almeno una volta nella vita, è stato detto di stare calmi quando non avevamo intenzione – e nemmeno la benché minima idea – di essere arrabbiati o agitati ma evidentemente qualcosa in noi stava comunicando in modo diverso.
Che ruolo hanno dunque le informazioni scambiate attraverso il corpo nelle nostre interazioni? Lo scopriremo insieme in questo articolo.
Photo Laura Adai on UnSpalsh
La comunicazione è un fenomeno multimodale
Già Freud sosteneva che tutto il corpo, per la precisione “ogni poro”, è capace di svelare ciò che è tenuto nascosto dalla bocca.
Anche Mehrabian, in uno studio che citiamo in tutti i corsi di comunicazione e relazione interpersonale, sottolinea la preponderanza della comunicazione non verbale (cioè l’uso del corpo) e para verbale (l’uso della voce) rispetto alle parole in un qualsiasi scambio comunicativo.
La comunicazione umana si svolge su più livelli contemporaneamente, e tanto gli aspetti verbali quanto quelli non verbali che caratterizzano lo scambio partecipano alla costruzione del significato nel processo comunicativo .
Lo studio della comunicazione non verbale è la cinesica, dal greco κίνησις significa movimento. Riguarda infatti tutti quei movimenti e quelle azioni che trasmettono, in maniera più o meno consapevole da parte del soggetto, un segnale visivo ad un osservatore.
Se il linguaggio verbale si basa su un sistema convenzionale di segni codificato secondo precise regole grammaticali e sintattiche, la codifica del linguaggio non verbale non è altrettanto strutturata poiché dipende da molti fattori: le caratteristiche di ciascuna persona, il contesto nel quale si svolge l’interazione, i diversi significati attribuiti nelle varie culture ai segni non verbali.
I vari elementi del linguaggio del corpo
La comunicazione non verbale comprende una vasta gamma di segnali di tipo cinesico, legati cioè al movimento, e paralinguistico, legati cioè alla voce e alla intonazione, ognuno dei quali svolge funzioni ben precise. Analizziamo meglio i principali:
L’aspetto esteriore è dato dalla conformazione fisica e dall’abbigliamento. In particolare quest’ultimo svolge un ruolo importante in quanto influenza la formazione delle impressioni e la percezione dell’immagine di una persona da parte degli interlocutori. Inoltre permette di mostrare agli altri e a se stessi un’identità e un ruolo sociale ben precisi.
Photo Ben Rosset on UnSpalsh
Pensiamo ad esempio alle uniformi o alle varie tipologie di abbigliamento che indossiamo a seconda dei contesti nei quali interagiamo.
È importante quindi vestirsi con consapevolezza, chiedendoci “Quale immagine voglio dare di me alle persone che sto per incontrare?”
Vediamo ora come funziona il comportamento nello spazio. Il modo in cui ci poniamo nello spazio circostante, la vicinanza o lontananza dalle altre persone sono un indicatore significativo dal punto di vista sociale, ci dicono tanto sul rapporto tra gli interlocutori e i ruoli che rivestono. La prossemica (termine proposto da Hall alla fine degli anni 60) studia l’uso che gli individui fanno dello spazio. Interessante notare come il nostro “confine” non coincide con quello del nostro corpo, ma esiste una sorta di bolla invisibile (il cosiddetto uovo prossemico) che ci circonda determinando il nostro spazio personale. Questa bolla cambia a seconda della cultura di origine. Nei rapporti più stretti e intimi permettiamo all’altro di azzerare la distanza e di entrare nel nostro spazio privato; già nei rapporti di amicizia la distanza fra noi e l’altro aumenta di almeno 50 cm. La distanza sociale è quella che teniamo nelle relazioni lavorative, formali e impersonali. Infine la distanza pubblica, quella che supera i 3 metri, riguarda situazioni quali un comizio o una conferenza in cui gli interlocutori sono lontani da chi parla e il feedback è raccolto principalmente dalla vista.
Queste informazioni ci servono per creare empatia con le persone che ci circondano: troppo vicini o troppo lontani a seconda di chi abbiamo di fronte sono aspetti che possono determinare l’efficacia o il fallimento della comunicazione in atto.
L’insieme dei movimenti del corpo determina il comportamento cinesico. Include il busto e le gambe, i gesti delle mani, i movimenti delle braccia e della testa. Tra tutti i segnali non verbali sono quelli maggiormente influenzati dalla cultura e dal contesto sociale (pensiamo ad esempio alla differenza evidente fra la gestualità che accompagna il parlato di noi italiani rispetto a persone appartenenti alla cultura anglosassone).
Ciò che è importante osservare durante l’interazione è se questo sistema di movimenti è allineato con quanto l’altro sta esprimendo a parole.
Coerenza vs menzogna
La congruenza fra verbale e non verbale suscita la credibilità del messaggio quando i gesti e i movimenti del capo sostengono e rafforzano ciò che viene detto con le parole.
Le espressioni del volto e lo sguardo sono i segnali privilegiati nello scambio comunicativo. Pensiamo ad esempio alla forza che ci trasmette lo sguardo del nostro interlocutore quando sostiene il nostro, o l’effetto che invece riceviamo da uno sguardo sfuggente o rivolto altrove mentre stiamo comunicando. Mi affascina il fatto che le emozioni di base vengano trasmesse attraverso il viso in maniera universale, cioè
indipendentemente dalla cultura possiamo riconoscere la tristezza o la gioia, la rabbia o la paura.
Photo by Engin Akyurt on UnSplash
Questi tipi di segnali non verbali sono spontanei e difficili da dissimulare o fingere, per questo ad un osservatore attento è possibile riconoscere la menzogna (su questo è incentrata la serie televisiva Lie to me). Quando abbiamo la sensazione che l’altro non ci stia dicendo la verità, stiamo rilevando – più o meno consapevolmente – una incongruenza fra i messaggi verbali e non verbali. Ad esempio, di fronte a una persona con una postura molto eretta, fronte corrugata, respiro accelerato e sguardo fisso che ci dice “sono calmo!” ciò che noi percepiamo è una rabbia nascosta che sta per esplodere. Anche la voce veicolerà questo messaggio sotterraneo poiché in uno stato emozionale alterato è molto difficile tenerla a bada.
Il livello della comunicazione che veicola maggiormente il messaggio, ciò che realmente intende dire chi sta parlando, è quello non verbale.
Per questo insistiamo tanto sull’importanza dell’osservazione, sull’attenzione ai dettagli di voce e corpo che ci permettono di raccogliere il maggior numero di informazioni sulle persone con cui stiamo interagendo, dandoci la possibilità di guidarle attraverso domande e ascolto attivo la conversazione verso uno scambio piacevole ed empatico.
| partem claram semper aspice |
Le foto utilizzate – là dove non siano di proprietà della redazione o dei nostri ospiti – sono acquistate su Adobe Stock e IStockPhoto o scaricate da piattaforme come UnSplash o Pexels.
Ti è piaciuto questo articolo e vuoi approfondire i temi?
Scopri il nostro quarto libro "Guida alle Motivazioni d’Acquisto", scritto a otto mani insieme a Luca Giorgetti e Serena Calderoni, e curato da Giovanna Rossi.
L'obiettivo di questo libro è rendere accessibili le teorie che analizzano e decodificano i meccanismi d’acquisto dei clienti, fare sì che venditori ed esperti di marketing possano utilizzarle in modo proficuo e corretto, infine anche in un contesto di mercato rispettare la diversità e complessità che ci contraddistinguono come esseri umani.
Questo articolo ha 0 commenti