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di Lorenzo Stabile

[l’autore consiglia di leggere l’articolo ascoltando il brano Noah degli Amber Run che trovate qui]

“Può cominciare domani”

Ad ogni curriculum che inviamo questa è la frase che vorremmo sentirci dire, sottovoce o ricca di punti esclamativi, accompagnata da qualche zero o semplicemente dalla possibilità di imparare. Perchè quando riusciremo a sederci alla scrivania del nostro nuovo ufficio, non abbracceremo solamente la consapevolezza di poter crescere professionalmente ma anche la possibilità di capire il significato di parole come “team” e “responsabilità”.

La forza del gruppo è ciò che rende possible realizzare un progetto e sapersi prendere la propria parte di responsabilità fa parte di quelle lezioni di vita che potremo riutilizzare in qualsiasi momento del nostro cammino professionale, e non solo.

L’iniziale e semplice condivisione di file, scartoffie e meeting potrà successivamente alimentare un rapporto di fiducia e intimità tra colleghi che renderà quelle scrivanie cornici di impegno e sorrisi. E giorno dopo giorno, attraverso concentrazione e forza di volontà, impareremo a gestire responsabilità alle quali non eravamo abituati, responsabilità che avranno effetti sulla nostra vita e quella degli altri, responsabilità che allargheranno la nostra capacità di immergerci nel mondo del lavoro. Ma questa è ancora solo una piccola fetta della torta da gustare.

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“Sto bene con me stesso?”

Il regalo più prezioso che una prima, una seconda, una terza (ma anche la decima o la ventesima) opportunità di lavoro può offrirci è lo stimolo a porci questa semplice ma decisiva domanda.

Uno dei fattori determinanti che spesso accantoniamo è il  nostro talento, forse l’unico vero strumento che può realmente connetterci alla nostra unicità.

Lo accantoniamo perchè ci accontentiamo del lavoro che abbiamo ottenuto oppure perché ci sentiamo semplicemente impreparati o inesperti. Lo accantoniamo perchè non siamo sicuri se sia veramente quello il talento che vogliamo “indossare” o perchè, ahimè, dimentichiamo proprio il luogo in cui l’abbiamo accantonato. Ed è in questo preciso momento che le nuove esperienze lavorative possono salvarci. Dopo troppo tempo trascorso su quella vecchia scrivania, dietro il bancone di un bar, o dovunque il bisogno di lavorare ci abbia portato, il nostro innato istinto evolutivo ci prenderà per mano e, passeggiando in un parco con voce dolce ma insistente, ci farà quella domanda e ci indirizzerà ad una risposta…

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 “Get busy living or get busy dying”

E’ una citazione presa dalla canzone degli Amber Run che forse stai ascoltando proprio in questo momento, letteralmente si traduce “Datti da fare vivendo o datti da fare morendo”. Forse quello che cerchiamo è altrove ed è meglio provare a darsi da fare vivendo! Rispolveriamo casa in cerca di ciò che avevamo accantonato, per inseguire il nostro progetto edificabile solamente attraverso il nostro talento. Ciò che prima poteva essere definito un sogno ora si è trasformato in un bisogno. Dallo scrivere al suonare, dal lavorare in banca al fare il medico, il desiderio di praticare quello che ci fa stare bene diventa indispensabile come respirare.

Tentare fa bene alla salute e sbagliare è il più ricco degli insegnamenti senza istruzioni prestabilite, il più prezioso consiglio senza frasi fatte, il miglior modo di crescere senza invecchiare.

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Tutte le esperienze di lavoro che affrontiamo possono comunque aiutarci a capire qual è la nostra strada, suggerendoci se la posizione che abbiamo tanto bramato è quella giusta o accompagnandoci all’uscita dell’ufficio per cercare ciò che vogliamo inseguire. In entrambi i casi il consiglio è di tentare e provare sempre. Perché quando qualcuno ci porgerà la domanda: “Cosa fai nella vita?”, noi potremmo rispondere: “Sto bene con me stesso!”.

Le foto utilizzate – là dove non siano di proprietà della redazione o dei nostri ospiti – sono acquistate su Adobe Stock e IStockPhoto o scaricate da piattaforme come UnSplash o Pexels.

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Consulente e formatrice di professione mi definisco un “informatico anomalo”: laureata in Scienze dell’Informazione sin da subito mi sono indirizzata verso il settore della comunicazione interpersonale. La mia esperienza di oltre 10 anni come imprenditrice mi ha permesso di gettare le basi per quello che sarebbe diventato il mio progetto più importante, Passodue: società di consulenza e formazione che combina profitto ed etica, successo professionale e felicità. Con Alberto aiuto le aziende a compiere il loro secondo passo verso un successo fondato sull’etica e le relazioni.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Ti propongo una visione alternativa da libro “So good they cannot ignore you”. Trovi un riassunto qui: https://sivers.org/book/SoGood

    Simile al libro “talent is over-rated”, sostengono che il talento per la maggior parte non esista. Il talento e la passione derivano dal lavorare sodo e diventare veramente esperti nel fare un qualche cosa di specifico

    – Vittorio

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