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di Alberto Aleo, Alice Alessandri e il contributo di Riccardo Trevisani*

The Grandmaster, la storia del maestro di Bruce Lee, è stato l’ultimo film che abbiamo visto a Boston prima di ripartire per l’Italia.

Non so quanti siano affascinati dal soggetto, ma  – un po’ per la storia, un po’ per le immagini megadimensionali dei cinema statunitensi – a noi il film è piaciuto molto facendoci riflettere.

Fare dei parallelismi tra le arti marziali ed il management non è certamente una novità, però in questo caso pensiamo valga la pena condividere alcune riflessioni che la storia del maestro Ip Man (il nome del protagonista) ci ha suggerito.

Nel suo sforzo di fondere insieme i vari stili del Kung-Fu per renderlo una disciplina che potesse essere insegnata anche agli occidentali, il maestro si dedicò alla sintesi dei principi, lavorando sull’efficacia delle tecniche più che sulla loro spettacolarità. In questo senso il film è molto utile per noi formatori e consulenti che ci confrontiamo quotidianamente con un impegno analogo. Descrivendo ad esempio il processo di acquisizione dell’arte del Kung-Fu il maestro ad un certo punto dice (nella versione in Italiano la frase potrebbe risultare un po’ diversa) che le fasi di apprendimento sono tre: conoscere, fare, essere.

La formula è in effetti applicabile a molti aspetti della vita in azienda e dei processi di management che in essa si svolgono, qui però vorremmo sottolineare la sua coerenza rispetto all’evoluzione delle tecniche di marketing contemporanee. Per fare questo ci è molto servita una conversazione avuta con il “nostro” Riccardo, studente di Design Management Innovation all’Università Ravensbourne di Londra e promessa del marketing e della comunicazione esperienziale.

BooksBakeryViaggiando con Riccardo tra il Vermont e il Massachusetts, sperimentando insieme a lui la capacità dei nord americani di farti vivere l’esperienza di consumo in modo anticipato, ci interrogavamo su quale fosse la possibile evoluzione delle tecniche di marketing esperenziale.

Se infatti questa specializzazione del marketing forse da noi ancora rappresenta una novità e quindi in un certo senso costituisce un vantaggio per chi l’adotta, negli USA chiunque abbia una bancarella per strada ha chiaro in mente che il cliente va coinvolto con inviti alla prova, test di consumo e intrattenimento di vario tipo. Per i nostri amici yankee quindi fare marketing esperienziale non è assolutamente un plus, ma un prerequisito che il consumatore si aspetta di trovare anche presso una stazione di servizio mentre sceglie il tipo di carburante per la propria auto.

Come sta evolvendo allora il marketing made in USA per offrire alle aziende un vero vantaggio differenziale in termini strategici? Qual è il “passo due” della marketing experience?

Riccardo (che è un grande osservatore e utilizza bene la sua intelligenza emotiva per completare le conoscenze che ha già del settore) suggeriva l’idea di “immersione”: secondo lui l’evoluzione dell’esperienza è qualcosa che, partendo dallo stesso principio di far partecipare il cliente e fargli vivere in anticipo il suo rapporto con il prodotto, lo coinvolga più nel profondo, facendolo sentire parte di un’idea, attore della mission e dalla vision aziendali, compartecipe del processo di costruzione del valore.

Noi siamo molto d’accordo con questa visione, oltretutto suffragata da esempi concreti. Le più grandi aziende americane non ti propongono più solo la prova dei prodotti e dei servizi, coinvolgendoti magari in eventi dove puoi sperimentarti una tantum nell’uso. Ti spiegano la filosofia, ti invitano ad entrare nel processo, in alcuni casi anche a dissentire e proporre cambiamenti. In sintesi ti invitano ad “essere” insieme all’azienda oltre che a “fare” qualcosa insieme a lei.

Alice-Orso

Tornando al nostro maestro di Kung-Fu, speriamo apparirà adesso più chiara la connessione. Un primo livello di uso degli strumenti di marketing è quello che ha per scopo far incontrare azienda e clienti, informando questi ultimi sulle caratteristiche del prodotto e facendolo conoscere. Un secondo livello, quello corrispondente al marketing esperienziale, prevede che il cliente faccia qualcosa con il nostro prodotto, sperimentandone in anticipo i vantaggi. Il terzo livello, più avanzato, comporta un coinvolgimento molto più profondo che mette insieme i valori essenziali dell’azienda e del cliente per amplificarli e co-generare nuovo valore.

Ecco riproposta la trilogia di Ip Man: conoscere, fare, essere.

*Riccardo è il figlio 24enne di Alice. Chi volesse contattarlo può cercarlo, anche senza appuntamento (ancora per poco), su Facebook.

| partem claram semper aspice |

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

Questo articolo ha un commento

  1. In merito a questo giusto recentemente studiando appunto strategia di promozione delle aziende sui social ci stavamo concentrando su come oramai l’azienda americana e quelle più all’avanguardia italiane non veicoli più il messaggio del prodotto ma dello stile di vita. Promuovere un prodotto, come dite voi, è oramai “sorpassato”, il cliente vuole sentirsi parte di una comunità e assaporare dei valori dietro quello che compera.

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