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di Alberto Aleo

Immaginate un open space con una ventina di postazioni ognuna dedicata a gestire un pezzetto del processo: chi lavora ad una sezione del sito, chi analizza un concorrente, chi legge un dato di vendita. Io, anabolizzato dal master appena concluso e con il vestito nuovo, arrivo e prendo posto in quella che decido essere la mia scrivania provvisoria: semplice trampolino per ben altri uffici. Dopo alcuni mesi ho, come tutti, la tazza personalizzata e le foto della fidanzata in bella vista, non metto più il vestito ma al massimo la giacca sul maglione, più per non lasciarla invecchiare che per bisogno. Sono da un pò in questa condizione quando il nostro piccolo, elegante, imperscrutabile, distratto, potente, sibillino, … dirigente dell’ufficio marketing, un giorno, improvvisamente, abbandona l’acquario in cui di solito è rinchiuso per immergersi nel nostro open space e senza preamboli sentenzia:


Lascio questo ufficio per un nuovo incarico di frontiera, difficile e sfidante. Ho bisogno di donne e uomini del marketing, c’è qualcuno che se la sente di venire con me?


Una nuova sfida

Dovete comprendere che il nostro dirigente praticamente non lo conoscevamo nemmeno: parlava solo con i collaboratori diretti e a noi “comuni mortali” le sue indicazioni arrivavano sempre cartabollate. Dopo un attimo di impacciato silenzio, seguito alla frase di cui sopra, sentì un rumore di sedie e mi alzai di scatto. Scoprì di essere stato l’unico a farlo e che il rumore non era un “portarsi ai blocchi di partenza” bensì il sistemarsi più stabile dei colleghi all’interno delle loro tranquillizzanti postazioni. L’Ingegnere adesso era lì davanti a me, mi guardava con sfida e non sorrideva. Mi sentivo come la fidanzata di Jerry Maguire e ciò mi provocava un immenso imbarazzo. Comunque non potevo tirarmi indietro e nei giorni successivi effettivamente partii per la nuova, misteriosa, meta.

Rimboccarsi le maniche

Quando arrivai a destinazione scoprii che avevamo ereditato un ramo periferico di un’azienda neo acquisita. Il business faceva acqua, così come il tetto degli uffici al limite del fatiscente. Il primo giorno trovo l’Ingegnere in maniche di camicia. Mi dicono anche che sono dovuti andare a prenderlo in stazione perché nel nuovo incarico non ha l’auto aziendale (che per un dirigente è come l’armatura del cavaliere). Sta spostando scatoloni e scrivanie per riconfigurare l’ufficio insieme ad un anziano impiegato con i baffi da austriaco. Io arrivo e chiedo “dove metto le mie cose?” nessuno mi risponde ma mi allungano un sacchetto. Sono sconcertato, preoccupato e pentito, ma soprattutto mi manca la mia scrivania con la tazza personalizzata e le foto della (ormai ex) ragazza. Dopo qualche giorno chiedo al capo di poter almeno avere un posto dove sedermi e lui, per tutta risposta, mi manda a cercare una lavagna! Così nei nostri uffici vuoti iniziò a campeggiare misteriosa, come il segreto legato al suo scopo, una lavagna di ardesia dotata di gessetti e spugna per cancellare.

La lavagna magica

Dopo l’episodio della lavagna l’Ingegnere sparì per alcuni giorni e, quando tutti iniziavamo a pensare che fosse ritornato nell’olimpo dei dirigenti, lo vedemmo arrivare con in mano degli incomprensibili tabulati. Senza dirci una parola prese una sedia, si avvicinò alla lavagna e comincio a compilare una tabella. In ascissa mise i mesi dell’anno, in ordinata i nomi dei nostri uffici. Riempì le caselle di numeri avendo cura di lasciare accanto ad ognuno uno spazio dove scrisse “avanzamento”. Quando ebbe finito ci chiamò tutti e disse queste parole:


La lavagna che vedete alle mie spalle contiene l’obiettivo di vendita per quest’anno distribuito per mese e per ufficio. Sapete che ad oggi non abbiamo agenti e non abbiamo concessionari ma io vi dico che se lavoreremo insieme come una vera squadra e se ognuno di noi sentirà su di se parte della responsabilità dell’obiettivo di vendita, impegnandosi ogni giorno per realizzarlo, noi possiamo farcela. E’ per questo che accanto ai mesi dell’anno ho messo i nomi dei vostri uffici. Ogni vendita cui contribuirete, andrà aggiunta all’avanzamento. Ogni mese, se avremo raggiunto il budget, vi porterò tutti fuori a mangiare e premierò l’ufficio che ha maggiormente contribuito, ma se non raggiungeremo il budget non offrirò nessuna cena, nemmeno agli uffici che hanno raggiunto singolarmente l’obiettivo, perché si vincerà e si perderà tutti insieme.


Eravamo sconcertati, alcuni borbottavano, altri si lamentavano sonoramente ricordando di non essere dei commerciali. Ma l’obiezione che più mi colpì fu quella dei colleghi dei sistemi informativi i quali fecero osservare che non era necessaria una lavagna per tenere sotto controllo gli obiettivi ma, al massimo, un file excel. Il nostro capo, tirandosi ancor più sù le maniche e asciugandosi la fronte, rispose così:


La lavagna è un simbolo, ci ricorderà ogni giorno che siamo qui per ottenere un risultato. Questo risultato è condiviso ed unico, a prescindere dalla nostra funzione. Desidero che chi ha contribuito a vendere anche un solo prodotto in più si avvicini con orgoglio alla lavagna e aggiunga un’unità alla tabella, raccogliendo gli sguardi dei colleghi e imparando a gestire la sua vittoria.


Eravamo scettici, ma iniziammo comunque ad usare la lavagna, così come fece lo stesso Ingegnere sottoponendosi personalmente, come chiunque, a questa pratica.

Sono rimasto in quell’azienda 4 indimenticabili anni, costellati da successi e soddisfazioni. Di quel periodo mi sono rimaste molte cose in termini di esperienza, amicizie e bei ricordi ma ciò che sicuramente ancora mi emoziona e mi fa sorridere è l’immagine della lavagna magica dell’Ingegnere, affissa in alto nel nostro open space e delle persone che si allungavano per aggiornare i dati, prima quasi con pudore, poi con orgoglio, a volte raccogliendo esplicita approvazione ed applausi.

Adesso, quando sull’ennesimo libro di management leggo dell’importanza di condividere le informazioni, dell’uso del CRM, degli strumenti per motivare e focalizzare la squadra, penso al semplice espediente della lavagna magica dell’Ingegnere e rifletto su come la strategia più complicata possa a volte trovare un’applicazione semplice e per questo tremendamente efficace. Ovviamente ho adottato l’espediente della lavagna magica in tutte le organizzazioni commerciali per le quali ho lavorato, a volte con più successo, a volte meno, e ciò è sicuramente dipeso dalla mia capacità di spiegarne il “segreto” ai colleghi e di motivarli adeguatamente.

Quando lasciai l’azienda dell’Ingegnere, i colleghi mi diedero un biglietto firmato da tutti (anche dal capo in persona) dove c’era semplicemente scritto “non toglieremo mai il tuo nome dalla nostra lavagna.

| partem claram semper aspice |

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. La più grande vittoria è ciò che impari durante il percorso verso il traguardo…

  2. Un’esperienza significativa, Alberto, non c’è che dire. Professionale, ma non solo. Dovremmo avere tutti una “lavagna dell’ingegnere” a portata di mano… e di obiettivo!

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