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Il rapporto con i nostri colleghi e con i nostri clienti può diventare così assiduo e intenso da necessitare di accorgimenti sempre più raffinati. Per mantenere una relazione sana è importante tenere sotto controllo la propria iperreattività. Mentre infatti nelle prime fasi di una relazione è più facile adottare una certa “etichetta”, man mano che il rapporto prosegue ci ritroveremo a comportarci con sempre maggiore spontaneità, lasciando che le emozioni e gli stati d’animo si manifestino liberamente e senza filtri.
Se il concetto di spontaneità rimanda a quelli positivi di autenticità e naturalezza, essa a volte può anche comportare un minor auto-controllo, innescando reazioni che rischiano di compromettere il prezioso rapporto di collaborazione con clienti e colleghi. Per questa ragione è importante imparare a gestire la propria reattività emotiva: esattamente il tema cui dedichiamo questo articolo.
Conoscere il vocabolario delle emozioni
Chi ci legge sa che per noi di Passodue è fondamentale considerare l’essere umano nella sua interezza anche quando si parla di lavoro. Perché possa essere appagante, la nostra vita professionale non può chiederci di lasciare a casa il cuore. In esso non sono contenute solo emozioni piacevoli, ci sono anche quelle più difficili da gestire come ad esempio la rabbia e la paura.
Paul Ekman, psicologo celebre per le sue ricerche sulle microespressioni facciali, afferma che le emozioni si manifestano in ogni essere umano attraverso contrazioni degli stessi muscoli, con le stesse distensioni e movimenti del volto, a prescindere dalla cultura di riferimento. Infatti le microespressioni non si apprendono, fanno parte di un’eredità atavica. Egli nello specifico, individua sette emozioni: Paura, Rabbia, Gioia, Tristezza, Sorpresa, Disgusto e Disprezzo.
Le emozioni sono innate, generano risposte automatiche, geneticamente determinate e comportano un’attivazione psicofisiologica, che ci spinge ad agire. Sono, inoltre, stati transitori che vanno e vengono in tempi relativamente brevi. Adattive alla sopravvivenza, esse costituiscono il sistema di allerta e motivazione del nostro organismo.
I sentimenti invece sono costellazioni, relativamente stabili e organizzate, di emozioni che si riferiscono a un comune oggetto, persona e più raramente cosa, tenute insieme anche da elementi di natura cognitiva. Più facili da verbalizzare delle emozioni – perché più stabili, più generali e astratti, con caratteristiche proprie di un costrutto mentale e culturale – i sentimenti si apprendono ed hanno un maggior grado di soggettività rispetto alle emozioni. Nelle emozioni quindi siamo tutti uguali, nei sentimenti iniziamo a differenziarci.
Saper chiamare per nome le emozioni ed i sentimenti che ci abitano è una componente fondamentale per imparare a gestire la propria reattività emotiva.
ESERCIZIO
Osservati quando stai provando un’emozione o un sentimento forte: con quale grado di chiarezza sei in grado di dare un nome a ciò che provi?
Evolvere il proprio rapporto con le emozioni
Ognuno di noi ha un diverso grado di familiarità con le emozioni. C’è chi le vive impetuosamente rischiando di farsi trascinare in dei veri e propri vortici emotivi, c’è chi le lascia da parte cercando di vivere la vita nella maniera più razionale possibile, ancora c’è chi ha difficoltà anche solo a sentirle nominare o magari se ne concede una o due al massimo.
Fino a prova contraria siamo esseri umani e, come tali, siamo tutti dotati della possibilità di provare ognuna delle emozioni di base prima citate. Qualcuno però sembra non essere in grado di abbandonarsi a certe emozioni tipo la tristezza o la paura, concedendosi invece molto spesso di indulgere nella rabbia. Significa dunque che non è in grado di provare le prime ma solo la seconda? Non esattamente, probabilmente tristezza e paura assumono manifestazioni rabbiose o, peggio ancora, al loro insorgere scaturisce un senso di vulnerabilità talmente inaccettabile per quella persona da scatenare l’ira verso se stessi.
Ed è proprio qui che arriviamo al nocciolo di questo articolo:
per gestire la propria reattività emotiva occorre conoscere le proprie emozioni, saperle nominare e quindi accettare in prima persona per poi condividerle e farle rendere accettabili anche a clienti e colleghi. Soprattutto se sei un leader o un responsabile di un gruppo di lavoro.
Consigli per gestire la propria reattività emotiva
Ecco dunque una carrellata di consigli finali per gestirsi al meglio e salvaguardare le relazioni:
- Ricordati che se stai provando qualcosa trattenersi spesso non è sufficiente a nascondere la tua reazione. È molto probabile che la persona che hai davanti, soprattutto se ti conosce un po’, sappia comprendere il tuo stato d’animo. Considera la possibilità di nominare apertamente all’altro ciò che stai provando, mantenendo un tono adeguato al momento e alla relazione. “Ho appena ascoltato una cosa che mi fa preoccupare”, “Sono rimasto deluso da questo comportamento”, “Sono felice che tu me l’abbia chiesto”. Ciò può permettere di portare il dialogo su un nuovo livello; ad esempio è possibile che l’altra persona non sappia che un determinato comportamento ti sia sgradito e abbia quindi bisogno di un feedback da parte tua per correggerlo.
- Riconosci i tuoi tempi di reazione. Ognuno di noi reagisce in modi e tempi diversi. Man mano che si cerca di imparare a gestire la propria reattività, si apprende come riconoscere quelle situazioni che ci portano ad agire in una maniera avventata oppure quelle che, al contrario, congelano la nostra reazione rendendoci passivi fino a quando, goccia dopo goccia, non trabocca il vaso rovesciando sull’altro tutta la nostra aggressività. Qui deve venirci in soccorso l’esperienza e l’allenamento: come cita un proverbio, non fare promesse quando sei troppo felice e non dire la verità quando sei troppo arrabbiato, perché non stai né facendo una promessa genuina né stai pronunciando una cosa a cui credi con la totalità del tuo essere. La parola chiave è bilanciamento!
- Impara dagli altri e da come gestiscono (o non gestiscono) la loro reattività emotiva. È capitato a tutti di sperimentare la reattività altrui in azione. Sappi che le modalità di reazione sono contagiose, nel bene e nel male. L’iperreattività altrui può innescare la nostra; così come sperimentare la calma e l’eleganza di qualcuno nell’affrontare situazioni che in noi provocherebbero reazioni scomposte, può fornire un esempio da replicare. È possibile prepararsi alla reattività altrui conoscendo le proprie modalità e imparare dalle peculiarità di ognuno.
In conclusione gestire la propria reattività è qualcosa di profondamente connesso alla capacità di percepire e conoscere le proprie emozioni. Spesso si parla di intelligenza emotiva come una qualtià utile a raggiungere i propri obiettivi. Il nostro punto di vista in Passodue è opposto ovvero l’intelligenza emotiva è necessaria per conoscere meglio i propri stati d’animo, condizione che aiuta a rendere più chiari ed in linea con se stessi gli obiettivi che ci poniamo, di conseguenza facilitando il percorso per raggiungerli.
| partem claram semper aspice |
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