“Con quel collega proprio non ci capiamo: gli ho spiegato la procedura 10 volte e lui continua a sbagliare”.
“Una volta che gliel’ho detto, io ho fatto la mia parte, poi è un problema suo se non capisce”.
Commenti di questo genere emergono spesso in aula quando si parla di comunicazione in azienda.
A volte è davvero difficile capirsi perché si è così presi dai ritmi lavorativi, da mille incombenze, che ci si dimentica di portare l’attenzione su cosa succede realmente durante uno scambio comunicativo con l’altro.
Possiamo definire la comunicazione interpersonale come uno scambio di informazioni tra due o più entità la cui proprietà è quella di emettere e ricevere segnali all’interno di un processo interattivo caratterizzato da un feedback. Dunque, ad ogni invio di messaggio corrisponde sempre un messaggio di ritorno.
Ma è davvero così?
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La Comunicazione è Relazione
Uno dei presupposti della comunicazione è che il suo significato è dato dalla risposta che si riceve. In altre parole non esiste a priori comunicazione giusta o sbagliata. E allora come facciamo a sapere se l’altro ha capito ciò che intendevamo comunicargli?
Definiamo efficace l’invio di un messaggio quando il ricevente capisce esattamente non solo cosa il mittente ha detto ma anche cosa intendeva dire.
Di conseguenza, per sapere se il messaggio è stato colto e recepito correttamente, è fondamentale che il mittente valuti l’efficacia del suo invio in base a che tipo di reazione o risposta riceve dal destinatario del messaggio.
Il feedback, o messaggio di ritorno, rappresenta l’elemento fondante del processo comunicativo, determinandone il successo o il fallimento.
Per comprendere questo presupposto è necessario porre l’attenzione sul ruolo essenziale della comunicazione, quello cioè di entrare in relazione, di creare un legame tra i soggetti coinvolti.
Infatti, il primo significato del verbo comunicare (derivato dal latino communis) è mettere in comune, rendere comune. La comunicazione è dunque uno scambio dinamico, un inviare e ricevere informazioni, pensieri, atteggiamenti, un condividere e costruire significati. È sempre un processo circolare e interattivo, anche quando dall’altra parte sembra non esserci risposta.
Eppure spesso chi ha qualcosa da dire nel migliore dei casi presta attenzione a ciò che sta dicendo, qualche volta al come lo sta dicendo, raramente a ciò che l’interlocutore gli restituisce.
Fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Cos’è il feedback?
Dall’inglese feed (alimentare) e back (all’indietro), feedback è un termine tecnico nato nell’ambiente degli studi relativi al funzionamento dei sistemi e associa indissolubilmente l’idea di ritorno di informazione a quella di controllo sul sistema.
In altre parole, con questo termine si identifica un vero proprio processo dove il risultato dell’azione di un sistema (l’invio del messaggio da parte del mittente) ha ripercussioni (reazioni e risposte di ritorno da parte del destinatario) sul sistema stesso.
Il principio cardine è dunque quello di autoregolazione del processo mediante la retroazione, cioè quel messaggio di ritorno che influenza l’andamento dell’interazione nel caso in cui venga colto dal mittente.
Per questo è così importante imparare a “leggere” il risultato, l’effetto che la comunicazione ha sull’interlocutore, e di conseguenza variare il proprio “stile” (e magari anche le parole utilizzate!) per raggiungere lo scopo desiderato, cioè che chi ascolta comprenda il messaggio originario.
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Se pensiamo al parlare in pubblico, ad esempio, i cenni del capo che sottolineano assenso o interesse da parte della platea sono un rinforzo per il parlante; d’altro canto, segnali come il guardare altrove, lo scuotere la testa, il mostrarsi assenti inviano messaggi opposti. Se questi vengono colti dal parlante, possono sollecitarlo a ravvivare sia il contenuto dei suoi discorsi che tutti gli aspetti non verbali che hanno forte impatto sugli interlocutori, quali l’uso della voce, i movimenti del corpo o la gestione degli sguardi.
Al di là delle parole: il linguaggio del corpo
Nella esperienza quotidiana, le due componenti della comunicazione umana, quella verbale e quella corporea, sono per lo più compresenti. Ciò che è interessante osservare è se questi due aspetti siano o meno in sintonia fra loro.
Quando il nostro interlocutore ci dice di aver capito e contemporaneamente sposta gli occhi in varie direzioni e assume col volto un’espressione che anziché rafforzare quel “sì” denota incertezza o dubbio, sarà utile cogliere quel messaggio non verbale per verificare l’effettivo recepimento del messaggio e in caso riproporlo in altro modo e con altre parole.
“Non verbale” si riferisce a tutto ciò che non è parola.
Nonostante il linguaggio verbale venga considerato come il mezzo più raffinato ed evoluto attraverso cui le persone si mettono in relazione fra loro, è bene ripensare a come il gesto sia venuto prima del linguaggio, ed è cosi potente che a volte non c’è bisogno di parole, basta un cenno o uno sguardo o un movimento del capo per capirsi!
Inoltre, il livello non verbale della comunicazione può includere anche tutto ciò che riguarda la voce: tono, volume, ritmo, velocità fanno risuonare il nostro stato interiore e rivelano tanto di ciò che accade al nostro interno, le nostre emozioni, i nostri pensieri, convinzioni e atteggiamenti.
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Saper leggere il non verbale – linguaggio corporeo e caratteristiche della voce – è il modo migliore di capire l’altro e comprendere cosa realmente ci sta comunicando al di là delle parole.
Per migliorare l’efficacia della comunicazione serve un atto di volontà. È necessario uno specifico allenamento all’”attenzione divisa”, quella capacità dell’essere umano di portare l’attenzione contemporaneamente su più piani. Ecco allora cosa possiamo fare:
- osserviamo noi stessi mentre parliamo: quali parole sto utilizzando? cosa sta facendo il mio corpo? in che modo sto utilizzando la voce?
- osserviamo il nostro interlocutore: quali messaggi ci sta inviando col corpo? e con la voce? questi messaggi sono congruenti, e rafforzano la risposta che ci restituisce, oppure contraddicono il messaggio verbale?
E soprattutto ricordiamoci sempre che se l’altro non ci capisce, mentre a noi interessa che ciò accada, dobbiamo modificare la nostra comunicazione e variarla in base al feedback che riceviamo.
Dobbiamo prestare attenzione ai nostri processi comunicativi, non soltanto perché questo migliora le relazioni interpersonali, ma anche per prendere coscienza di ciò che stiamo trasmettendo di noi.
Le relazioni esistono per insegnarci chi siamo.
Buon allenamento!
| partem claram semper aspice |
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