“Il brand é la parte umana dell’azienda”
– Claire Lowson
Prima di fare un qualsivoglia intervento sul brand – buona norma da seguire per ogni tipo di attività che coinvolge la comunicazione aziendale – é necessario “settare” lo scenario dentro il quale si andrà ad operare, chiarendo alcune nozioni alla base di quanto verrà svolto. Questo aiuta ad allineare le conoscenze delle persone coinvolte nel progetto, e lavorare ascoltando e rispettando le loro attese. Spesso infatti si danno per scontate certe nozioni e ci si dimentica l’importanza di gestire le aspettative, cadendo cosi nella trappola del disinteresse e della frustrazione che rischiano di far naufragare anche l’iniziativa più valida. Vi condivido quindi i 5 punti di riflessione che utilizzo prima di iniziare qualsiasi attività di branding – sia che si tratti di un business che deve ancora nascere sia di uno già avviato magari con una “storia importante” in evoluzione o trasformazione – utili a far chiarezza, assicurare pieno coinvolgimento e focalizzazione.
1. Tutti sono partecipi del brand
Le persone coinvolte nel nostro business, internamente o esternamente, consapevolmente o no, svolgono attività di branding: parlando con gli amici, consigliando prodotti, con post su Facebook o Instagram, vendendo o raccontando storie. Questo tipo di relazioni e scambi portano con sé attributi e qualità del brand che andranno ad influenzare la percezione verso la marca o i prodotti, guidando le decisioni di acquisto dei potenziali clienti.
Diventare consapevoli e responsabili delle interazioni che avvengono, usandole attivamente per condividere i principi del nostro brand, porterà ad attivare spontaneamente un passaparola positivo credibile perché “vero”. Analizzare i punti di contatto – o touch point – digitali e non, diventa fondamentale per ottenere un’unanimità e coerenza di azioni che “tirino” tutte nella stessa direzione. Saremo così in grado di comunicare in ogni singolo scambio quanto posto al “cuore dell’azienda” cioè il nostro brand, evitando di doverci chiedere a posteriori “Ma perché ci vedono diversamente da come siamo?”.
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Memo
Diventare consapevoli e responsabili del messaggio
2. Essere “rumorosi”
Una volta chiarita la nostra identità e il tipo di promessa che vogliamo lanciare al mercato, cioè perché esistiamo, é essenziale comunicarlo in maniera “rumorosa”. Non in senso letterale ovviamente, ma partendo dall’idea che se vogliamo che gli altri sappiano qualcosa di noi è necessario comunicargliela frequentemente e in modo chiaro.
Come dice John Michael Morgan autore del mio libro preferito Brand Against the Machine “You have to scream from the rooftops so that people know exactly who you are and what you do” – Devi urlare dal tetto così le persone sapranno esattamente chi sei e cosa fai n.d.r. –
Ribadisco, non parliamo dello stile di comunicazione e del “tono di voce” che dovranno essere coerenti con la brand identity, ma del bisogno di essere chiari. Avremmo così la certezza che, almeno per quanto ci riguarda, il messaggio é stato lanciato nella maniera giusta.
Memo
Mai dare nulla per scontato
3. Il brand é un’identità a sé
Il brand rappresenta un’azienda con la propria identità, al di fuori di quella dei suoi fondatori o dei dipendenti, i quali si allineeranno o identificheranno solo in seguito con i valori che porta avanti l’organizzazione di cui fanno parte. Come sottolineato dalla citazione iniziale, il modo più facile per approcciare le attività di cui stiamo parlando é considerare il brand come la parte umana dell’azienda e quindi con una sua personalità e carattere distintivi. Per essere in grado di osservare dal di fuori e “vedere” il brand come entità unica e separata – soprattutto se siamo i fondatori o vogliamo aiutarli a ragionare in modo più distaccato – può tornare utile utilizzare la tecnica della meta posizione insegnata dalla PNL (Programmazione Neuro Linguistica) che consiste nell’adottare un punto di vista esterno sulle situazioni che ci serve valutare.
Memo
Assumi una diversa prospettiva
4. Il Brand Evolve nel tempo
Come le persone anche il brand evolve e assume nuove caratteristiche dovute al cambiare dei tempi, dei mercati, delle tecnologie ecc.. Ma esso resterà efficace solo se sarà capace di mantenere sempre la stessa promessa. Il perché che ha guidato la nostra visione nel dare vita al business non cambia, mentre sono il come e il cosa ad adattarsi al nuove condizioni di mercato. In un’ottica strategica questo ci permetterà di avere una clientela che continuerà a rispecchiarsi in quello in cui crediamo, capace di assimilare i cambiamenti vedendoli non come incoerenze bensì come valore aggiunto. Vi consiglio un check che incroci – soppesandoli – posizionamento, percezione e valore del marchio almeno una volta all’anno per capire come il brand si sta trasformando.
Memo
Cambia il cosa e il come ma non il perché
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5. L’unico asset capace di parlare al cuore delle persone
I prodotti o i servizi nascono per rispondere a dei bisogni, reali o latenti, funzionali o ludici, che un determinato segmento di persone sperimenta nella propria vita. Il brand si rivolge ad un livello più profondo di bisogni che Maslow categorizzerebbe nell’appartenenza, stima di sé e auto-realizzazione. Per questo la promessa in esso contenuta, e i valori che la supportano, diventano la chiave per aiutare le persone ad identificarsi con la nostra organizzazione. Riuscire a creare questa alchimia porta vantaggi competitivi notevoli.
Basti pensare a quante volte, nell’indecisione tra due prodotti, il brand giochi un ruolo centrale rendendo meno rilevante il fattore prezzo: “Questo marchio ha una reputazione migliore”, “Loro supportano l’ambiente”, “Si impegna per promuovere la felicità nel mondo”. Un esercizio molto semplice per rendersene conto é chiedersi ogni volta che facciamo un acquisto: cosa stiamo effettivamente comprando? Cosa ci ha portato ad effettuare la scelta?
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Memo
Il Business é – anche – umano
Nel prossimo articolo vi parlerò di come usare i cinque sensi, più uno, per fare un’attività di branding.
| partem claram semper aspice |
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