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di Alberto Aleo e Riccardo Trevisani

Due generazioni differenti, diverse anche le esperienze e i contesti ma entrambi si occupano di strategie e strumenti aziendali: Riccardo ha da poco concluso a Londra un master in Design management innovation (non fatevi ingannare dal nome perché si tratta di un corso dedicato a Marketing, Branding e Comunicazione) e sta iniziando una carriera da consulente junior a Boston, confrontandosi già con realtà aziendali e progetti in grande scala. Alberto per quasi 15 anni ha lavorato in azienda, dirigendo uffici marketing e commerciali, adesso fa il consulente aiutando le aziende a mettere strategia nel loro operato. Insieme si sono confrontati sui concetti di Marketing, Branding e Comunicazione indagandone le differenze e il campo di applicazione. Quello che segue è quanto scaturito da questa conversazione, il prosieguo di quella iniziata nel post Il Maestro di Kung-fu e lo Studente, utile – speriamo – a mettere chiarezza, consentendo di sfruttare il pieno potenziale di questi tre strumenti solo apparentemente simili.

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Il mistero del Branding

Alberto – Oggi tutti parlano di Branding ma secondo te che cosa è e come si usa questo strumento?

Riccardo – Per me il brand definisce la personalità e l’identità di un’azienda. Detta le linee guida della sua organizzazione, i suoi valori, i suoi scopi e fa si che possa attirare un particolare tipo di cliente che in essa si riconoscerà. Gli strumenti di brand lavorano sulla percezione negli altri dell’azienda e dell’azienda in se stessa: un processo simile alla psicanalisi.

Alberto – Occuparsi del brand per me è un po’ come prendersi cura della propria cultura personale o fare pubbliche relazioni, non ti aspetti un ritorno immediato in termini di vendite (come invece succede con le attività di marketing) ma vuoi che si parli di te in un certo modo e che la tua identità venga fuori.

Riccardo – Quando si parla di brand bisogna sempre tenere presenti due punti di vista, quello interno e quello esterno. Adottare il primo significa porsi il problema di come attrarre e coinvolgere il target, mentre internamente significa orientare l’organizzazione verso valori comuni.

Il Marketing: Cenerentola in azienda

Riccardo – Sostituirei la parola marketing con peopling che oggi mi sembra più appropriata. Per me infatti il marketing si deve occupare di conoscere le persone più che i mercati. Dall’analisi quantitativa e qualitativa dei trend dovrebbe passare all’analisi del cuore e della mente della gente, dei loro bisogni.

Alberto – Per me il marketing è il grande assente nelle aziende Italiane, pochissimi sanno di cosa realmente si tratti, molti invece lo scambiano per un’attività creativa più vicina alla comunicazione che all’analisi di dati.

Riccardo – Il famoso economista Porter, che ha studiato la catena del valore delle aziende, relegava il marketing alla fine del processo che permette ad un’organizzazione di stare sul mercato, dopo ad esempio la produzione. Per me invece il marketing è al primo posto, ma per rivendicare questa leadership tra le varie funzioni aziendali deve elaborare nuovi sistemi d’indagine che scendano più in profondità.

Alberto – Il marketing è un disciplina basata sulla statistica. Prima di qualsiasi scelta bisogna infatti analizzare i dati provenienti dal mercato, dai clienti, dai concorrenti e dalla produzione. Agire solo d’istinto a mio avviso per un’azienda può essere molto pericoloso.

Comunicazione pervasiva

Alberto – Noi Italiani siamo comunicatori nati. I nostri progetti sono spesso già venduti prima ancora di essere passati in produzione. Questo sicuramente è un bene ma toglie concretezza e affidabilità alla nostra azione.

Riccardo – La comunicazione è uno strumento che dovrebbe essere a valle della strategia. Mentre ad esempio il brand risponde ai “perché?”, la comunicazione risponde al “come?” ottenere un certo risultato in termini d’immagine. Social media, passaparola e altre modalità comunicative sono canali per far capire al mercato chi siamo.

Alberto – La comunicazione è uno strumento utile sia al marketing che al branding. In ogni caso è sempre bene progettarne gli interventi dopo essersi posti alcune domande “Quali valori esprime la mia identità?”, “In cosa voglio differenziarmi?”, “A chi è dedicata questa iniziativa e che risultati mi aspetto?”. Senza idee chiare e un obiettivo preciso non si va da nessuna parte e anche l’iniziativa promozionale più creativa può rivelarsi inutile e sbagliata.

Riccardo – Oggi c’è una grande democratizzazione nel mondo della comunicazione. Chiunque può parlare direttamente con l’azienda e questo riduce la necessità di esercitare pressione eccessiva sui canali di comunicazione. Apple e altre multinazionali lasciano che la loro comunicazione sia popolata d’immagini e parole create dai clienti, curando soltanto che siano coerenti con i loro valori. Per gestire la tua immagine quindi non devi più puntare tanto allo strumento quanto alla relazione, saranno poi gli altri a parlare di te.

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Marketing, Branding e Comunicazione sono dunque tre strumenti diversi applicati in vari momenti della vita di una azienda ma tutti funzionali al suo successo. Senza la capacità di analisi del marketing non potremmo effettuare scelte razionali, ma senza l’identità e i valori che il branding contribuisce a costruire, nessuno ci riconoscerebbe e non sapremo differenziarci. La comunicazione “confeziona” gli strumenti dell’uno e dell’altro perché raggiungano il cliente nel modo più corretto, rapido ed efficace possibile. D’altronde, come ricordato anche nel post dedicato al Personal BrandingPiero Angela sostiene che “ci vuole un bel contenitore per consegnare un messaggio importante”.

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Passodue, studio di consulenza e formazione, nasce nel 2012 dalla volontà di Alice Alessandri e Alberto Aleo di unire le loro esperienze per dare una svolta alla vita personale e professionale. Il progetto è basato sull’idea di cambiare la forma mentis del mercato rispetto ai concetti di “vendita”, “marketing” e “leadership” dimostrando che fare business eticamente si può e può essere assolutamente efficace.

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