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di Alberto Aleo

Se vi è capitato di frequentare una classe di tecniche di comunicazione o negoziazione efficace, saprete senza dubbio che ad un certo punto qualcuno alza la mano e dice “mi scusi, ma così non si perde di spontaneità?”. Lì di solito si innesca una disputa tra spontaneisti e strategici che il docente farà fatica a sedare. L’antagonismo tra le due posizioni nasce da due dogmi, ognuno per parte, che sono oggettivamente difficili da confutare e sembrano entrambi validi ma assolutamente inconciliabili:


il credo degli “spontaneisti” è che la spontaneità, appunto, sia un valore, mentre gli strateghi credono, vantandosi anche di poterlo dimostrare, che niente di ciò che facciamo sia realmente spontaneo, ma che agiamo ubbidendo a strategie inconsce di cui siamo poco o per nulla consapevoli.


Il problema, per noi poveri venditori che dobbiamo scegliere tra l’una o l’altra strategia, è che la storia del marketing è costellata di successi clamorosi e fragorosi insuccessi da entrambe le parti.

consapevolezza

Qual è quindi la strada da seguire?

Per provare a dare una risposta dovrò, ancora una volta, tornare agli insegnamenti del mio vecchio maestro di Judo. Noi ragazzetti palermitani sostenevamo che per fare a botte lo Judo non servisse, anzi conoscerne le tecniche ci confondeva ed impappinava facendoci perdere quella spontaneità e lucidità necessarie per essere veloci nel rispondere colpo su colpo al nostro avversario. Insomma la tesi era:


quello che ti insegna la strada nessuno è in grado di insegnartelo.


Il maestro rispondeva di solito così Dipende da quello che vuoi nella vita. Se vuoi solo fare a botte, probabilmente ti do ragione. Ma se vuoi imparare anche la tecnica allora ti consiglio di ascoltare ed esercitarti”. Io questa frase me la sono portata dentro per un po’, perché subito mi era sembrato di capirla bene, ma poi – con il tempo – ho compreso che me ne sfuggiva il pieno significato. Mi rendevo conto che tra il valore “imparare a fare a botte” ed il valore “conoscere la tecnica” il secondo fosse da preferire ma se “sulla strada” nonostante la mia conoscenza poi le prendevo comunque, che senso aveva imparare?

Tornando al nostro venditore, la domanda potrebbe essere:


siamo sicuri che se esistesse un software innestabile nel nostro cervello, contenete tutte le più avanzate tecniche di negoziazione e comunicazione efficace, quello che ne risulterebbe sarebbe il venditore perfetto?


Insomma io ero, e forse ancora sono, uno spontaneista affascinato però dalla tecnica e come tale mi scervellavo per trovare la formula che potesse far convivere questi due mondi apparentemente così diversi. Sempre nello Judo, osservavo che i Maestri più “graduati” non combattevano più se non per qualche breve dimostrazione. Ciò non era solo legato alla circostanza che a certi “gradi” si arriva da anziani e quindi senza più forze per combattere, era proprio una tradizione della disciplina:

– – –
l’esperto di grado più elevato nello Judo torna ad indossare la cintura bianca e smette di combattere.
– – –

La cosa ancora una volta mi faceva riflettere, perché di fatto contraddiceva l’obiettivo del nostro studio che era – almeno apparentemente – imparare e perfezionare le tecniche di combattimento. Tornai ovviamente dal Maestro per ottenere una spiegazione e lui mi chiese “cosa sei venuto a fare in questo Dojo (ovvero palestra) ?” io risposi prontamente “voglio diventare un combattente!” la sua spiazzante risposta fu “qui imparerai ad essere SOLO una persona consapevole, forse questo ti permetterà di vincere anche qualche battaglia, ma sicuramente ti renderà migliore”. Mi resi conto che avevo sbagliato clamorosamente obiettivo:


vincere nel confronto con il nostro avversario non era lo scopo ultimo dell’imparare la tecnica. Lo era invece acquisire conoscenza e consapevolezza su noi stessi e sugli altri.


Allora chiediamoci: dove sta il valore quando negoziamo qualcosa con qualcuno? Siamo certi che vendere, come combattere, sia una faccenda tra vincitori e vinti? Rimanendo dentro le dinamiche dello scontro, allora sì che spontaneità e strategia confliggono. Se pensiamo che il nostro obiettivo sia crescere in conoscenza e consapevolezza e far questo non tanto per sconfiggere la nostra controparte o appioppargli il nostro prodotto ma per creare valore per entrambi, allora non può esistere conflitto tra spontaneità, istinto o strategia: basterà scegliere tra questi lo “strumento” più adatto – in quel particolare contesto o situazione – per creare valore condiviso e consapevolezza.

| partem claram semper aspice |

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

Questo articolo ha un commento

  1. la dimostrazione di come, quasi tutti noi, non riconosciamo più la realtà.

    grazie di avermelo ricordato

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