di Alice Alessandri e Alberto Aleo
Il rientro dalle vacanze è un momento emotivamente impegnativo che ci vede sballottati tra due stati d’animo contrastanti: il risveglio dei sogni e dell’ambizione, favoriti dalle riflessioni estive, e l’amara frustrazione derivante dal sentirci proiettati nuovamente nella routine quotidiana.
Due emozioni all’apparenza opposte che, se analizzate più attentamente, scopriamo però scaturire da una stessa pulsione: la voglia di far emergere chi siamo e di riappropriarci di ciò che amiamo. L’energia di questi stati d’animo, se indagata e utilizzata consapevolmente, ci può essere molto utile per superare brillantemente il trauma del rientro trasformandolo in un’opportunità e migliorare la nostra vita. Seguiteci in queste riflessioni quindi!
Il motore interno
Cos’è che ci “muove” come esseri viventi? L’istinto di sopravvivenza che è connesso alla capacità di continuo adattamento da cui deriva una spinta evolutiva che potremmo chiamare ambizione.
Esistono due tipi di ambizione: quella dell’io e quella dell’anima.
La prima si occupa di assicurare i nostri bisogni primari, fisiologici, di sicurezza e di socialità, spingendoci continuamente a migliorare le nostre condizioni di vita materiali. La seconda nutre aspirazioni ben più elevate, come la conoscenza, il contributo all’evoluzione umana e la ricerca della felicità. Entrambe queste pulsioni ci spingono in avanti e, quando incappano in ostacoli, possono essere fonte di insoddisfazione. La frustrazione, come la sperimentiamo e la conosciamo normalmente, è però uno stato psicologico che fa maggiormente riferimento all’ambizione materiale. Essa nasce ad esempio da una ricompensa che tarda ad arrivare, dalla strada che si rivela essere un vicolo cieco, da promesse non mantenute e ruoli non riconosciuti. La frustrazione è quindi mancanza, sperimentazione dell’impossibilità di controllo e resa: stati emotivi che la nostra anima, che non si interessa dell’avere e vive immersa nel fluido dinamismo delle leggi del cosmo, non conosce.
Un gioco di poteri
A ben guardare l’Io chiama ambizione qualcosa che assomiglia ad un gioco di potere.
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Seguendo le pulsioni dell’ego rischiamo di fissare paletti
per assicurarci che niente e nessuno possa mettere in discussione la nostra sicurezza e le nostre certezze,
ma finiamo per costruire un recinto che ci tiene confinati e isolati.
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Non solo! Spesso l’ego tenta di mettere a posto i conti con il passato, riprendere il terreno perduto o conquistare ciò che crede suo di diritto, in un perenne gioco di comando e controllo che ci vede opposti gli uni agli altri, schiacciando l’ambizione dell’anima in un cantuccio. Potremmo pensare al nostro io come alla guardia del corpo della nostra esistenza, impegnato nell’illusione di creare un’area protetta e fortificata dove essa possa fiorire e prosperare. Una visione parziale che fa dimenticare al nostro io-guerriero di essere a servizio di qualcosa di più grande ed elevato. Compiendo un vero e proprio colpo di stato esso finisce con il prendere il comando delle nostre vite scambiando l’evoluzione con il potere e impedendo all’anima di agire liberamente.
Darwin karma
In cosa consiste e come si realizza allora il progetto dell’anima?
Adottando una visone darwiniana potremmo dire che la Natura concepisce l’ambizione come spinta evolutiva e anche l’anima tende perennemente verso il miglioramento mettendo però la sua evoluzione al servizio degli altri, in una relazione karmica di causa-effetto che ci connette tutti. Per seguirne la spinta è indispensabile addentrarsi, consapevolmente e coraggiosamente, nell’analisi dei nostri difetti e delle nostre mancanze che, nel linguaggio dell’anima, assumono sovente i connotati del dolore.
In ciò che ci addolora o ci fa star male si nascondono gli indizi da cui partire per la nostra evoluzione.
Se l’ego vorrebbe preservarci, costruendo una fortezza nella quale nulla potrà farci soffrire, l’anima ha bisogno di sperimentarsi ed esplorare anche questo stato, per poi procedere in avanti e contribuire allo sviluppo della coscienza universale. Spesso quindi frustrazioni dell’io e dolori dell’anima sono connessi: dove mettiamo barriere e alziamo muri si nasconde una ferita che invece di essere celata o negata andrebbe studiata, perché il “sangue” che da essa scaturisce ci porta a diretto contatto con la nostra vera essenza e, seguendone le tracce, libereremo la nostra anima.
Una proposta operativa
Poiché abbiamo parlato di karma, ci ispireremo alla filosofia indiana (spesso utilizzata anche in ambito lavorativo come racconta Niccolò Branca nel suo libro) per proporvi un esercizio guidato di meditazione. Percorrendo i 7 chakra, i centri di energia che fanno riferimento alle diverse “funzioni” del nostro essere, rifletteremo sul “rientro al lavoro” provando a scoprire se ci sono tracce di emozioni dolorose che possiamo trasformare in spinte evolutive.
- Agire: il primo chakra, quello rosso che si trova alla base della colonna vertebrale, ci invita a riflettere sulle nostre azioni. Cosa ci fa soffrire pensando a quello che facciamo nelle nostre giornate lavorative? Cosa ci piacerebbe fare di diverso e cosa ce lo impedisce?
- Creare: il secondo chakra, arancione e posizionato sotto l’ombelico, ci aiuta a riflettere sulla nostra creatività. Come esprimiamo la nostra capacità creativa nel lavoro? Quali innovazioni possiamo portare in quello che facciamo?
- Valutare: il terzo chakra, di colore giallo e posizionato nel plesso solare, è connesso alla volontà; ci permette di focalizzare la nostra energia a supporto nei nostri progetti. Abbiamo chiaro l’obiettivo del nostro lavoro? Di quali risorse abbiamo bisogno per realizzare i nostri progetti?
- Sentire: il quarto chakra, verde, è quello del cuore. Cosa proviamo se pensiamo al rientro? Quali emozioni positive desideriamo vivere e quale scenario lavorativo ce le evoca?
- Esprimere: il quinto chakra è azzurro e si trova nella gola Ad esso è legata la nostra capacità di relazionarci e dialogare. Quali rapporti ci ostacolano e quali invece ci sono d’aiuto? Cosa e come dovremmo comunicare per migliorare la nostra condizione?
- Vedere: il sesto chakra è di colore viola e si trova sulla fronte. Attivarlo significa saper guardare oltre, cogliere le informazioni e i segnali attorno a noi. Cosa possiamo imparare da quello che stiamo vivendo? Quali dati ci mancano per poter attivare un cambiamento?
- Condividere: l’ultimo chakra, di colore bianco e posizionato sulla sommità del capo, ci collega gli uni agli altri e ci connette a qualcosa di più grande. Ci sono persone attorno a me che vivono il mio stesso stato d’animo? Come posso mettermi servizio degli altri attraverso il lavoro che svolgo?
Sono molte domande e per nulla semplici, ce ne rendiamo conto, ma evitare di porcele ci allontana dall’evoluzione ed è, in un certo senso, contrario all’ambizione che sentiamo dentro. Come dice David Whyte, per quanto l’ego si impegni incessantemente a costruire la sua inviolabile fortezza, “la vita si rifiuta di garantirci l’immunità dalle difficoltà”, anzi ce le ripropone amplificate ogni volta che tentiamo di arginarle perché esse sono, in effetti, una grande opportunità evolutiva. Buon rientro a tutti.
| partem claram semper aspice |
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[…] è scritto molto sulla “sindrome da rientro” cercando di indagare da cosa sia generata. Gran parte del malessere che ad essa si lega sembra […]