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di Alice Alessandri e Alberto Aleo

Lavorare, non c’è dubbio, può essere faticoso soprattutto quando il nostro diretto referente, il capo, ha un carattere difficile. A chi ha responsabilità direttive può in effetti capitare di inciampare in comportamenti aggressivi, scambiando il ruolo di leader con quello di un comandante alla testa di un esercito, sentendosi in diritto di urlare ordini a destra e a manca senza troppo riguardo per gli aspetti umani. La metafora, se non proprio il modello, dell’organizzazione militare ha per molto tempo inspirato lo stile di management così, nella realtà dei fatti, avere un capo cattivo non è cosa rara. Se siete “vittime” di un leader del genere, leggete questo post per ricavare consigli utili e dritte per gestire la relazione con lui.

capo cattivo

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Dai comportamenti alle motivazioni

Noi esseri umani agiamo determinati comportamenti al fine di raggiungere obiettivi di cui potremmo non esser pienamente consapevoli. Quindi se il vostro capo vi urla contro sta cercando di ottenere da voi, o dal team di cui fate parte, qualcosa. Un buon inizio per imparare a convivere con la sua aggressività, se non addirittura ad arginarla, è scoprire in cosa consiste questo obiettivo o, per dirla meglio, qual è la motivazione di fondo del suo agire. Fargli una domanda diretta non sarà sempre possibile ne in alcuni casi utile visto che la risposta difficilmente sarà sincera, quindi vi dovrete trasformare in detective!

Cercate di capire “cosa” scatena la sua rabbia, “quando” il suo carattere si inasprisce e se c’è una certa ricorrenza nei suoi scatti nervosi. Con un pò di dati alla mano potrete iniziare ad avventurarvi nella comprensione dei “perché”. Vi possiamo aiutare fornendovi una guida derivata dall’analisi dei caratteri fatta dagli studiosi di Enneagramma di cui abbiamo parlato in un post di qualche mese fa.

Enneagramma: le motivazioni alla base dei comportamenti

Come ci ricordava l’esperto Luca Giorgetti, esistono 9 caratteri fondamentali ai quali si legano 9 motivazioni dell’agire prevalenti. Esse sono alla base di ogni comportamento e quindi anche delle arrabbiature. Analizziamoli ad uno ad uno e cerchiamo di capire se il vostro capo rientra in modo più prevalente in uno di questi.

  1. L’organizzativo – è una persona che si è data delle regole e delle procedure necessarie per ottenere sempre il meglio da se e dagli altri. Concepisce quindi un solo modo di fare le cose, il suo. Si innervosisce quando si trova davanti a lassismo e trasgressioni di qualsiasi tipo
  2. L’altruista – si infuria quando percepisce l’ingratitudine degli altri, se dovesse sentirsi inutile o passare in secondo piano, cioè non veder riconosciuto il suo ruolo di aiutante
  3. Il vincente – non ammette le sconfitte. Anche a costo di cambiare la realtà vuol cadere sempre in piedi. Si arrabbia molto quando qualcuno vuole forzarlo ad ammettere i propri errori e potrebbe essere geloso di collaboratori più abili di lui
  4. L’originale – spesso frustrato, isolato e incompreso, si innervosisce quando qualcuno vuol forzarlo a fare cose che non gli piacciono, sminuisce i suoi problemi o mette in dubbio la sua creatività
  5. L’isolato – non ama molto le relazioni umane. Si infastidisce quando è costretto ad interagire soprattutto su argomenti in cui non si sente ferrato o che non lo interessano, a condividere gli spazi, a parlare in pubblico o a dimostrare empatia
  6. L’ansioso – va nel panico ogni qual volta gli si cambiamo le carte in tavola. Non gli piacciono le sorprese e fa molta fatica a fidarsi e delegare. Litiga se si sente tradito o abbandonato
  7. Il surfista – salta da un progetto all’altro e fa fatica ad approfondire. Non gli piacciono i pessimisti e le persone che possano appesantirgli la giornata con dettagli e burocrazie
  8. Il boxer – litiga con tutti spesso e volentieri per testarne la forza e il carattere. Non ce l’ha con nessuno in particolare ma non vuole messo in discussione il ruolo di esemplare “alfa”
  9. Il pacifico – mediamente non urla mai, ma se gli saltano i nervi è uno dei più furiosi. Questi scatti capitano proprio quando si sente sfruttato in quanto “buono” o forzato a schierarsi e decidere

capo cattivo

Partire da se stessi: cosa posso fare per evitare il conflitto?


Ricordiamoci che non possiamo cambiare il carattere del nostro capo bensì, una volta imparato a conoscerlo, prenderci la responsabilità di adattare i comportamenti.


Come? Rispondendo alle sue motivazioni e non reagendo alla sua “cattiveria”.

Se ad esempio vi trovate davanti alla sfuriata di un “ansioso” (punto 6 dell’elenco precedente) chiedetevi cosa ha potuto scatenare le sue paure: avete fatto una modifica dell’ultimo momento? Non avete mantenuto la parola data? Lo avete abbandonato mentre aveva bisogno di voi?

Per gestire un “vincente” (punto 3) fuori dai gangheri invece dovrete capire se lo avete costretto ad accettare una sconfitta, se gli avete ricordato un momento di debolezza o se i vostri successi lo stanno in qualche modo oscurando. Il “boxer” che vi attacca potrebbe volervi mettere alla prova ma anche ricordarvi che è lui il capo e nessun altro. Rispondete quindi con azioni e parole a ciò che realmente vi stanno chiedendo: rassicurazioni il primo, luci della ribalta il secondo, un virile confronto o il riconoscimento del ruolo il terzo.

Le teorie di comunicazione dicono che nel suo momento massimo di espressione la rabbia non andrebbe arginata. Rimanere calmi aspettando che passi, mantenendo il contatto visivo senza aria di sfida, può aiutare a far defluire l’ondata emozionale dell’altro. Quando deciderete di intervenire fatelo con un tono che denunci il fatto che avete compreso il messaggio, non urlando a vostra volta ma neanche comunicando in modo troppo passivo.

Se il vostro interlocutore passa il limite, non vi resta che dirgli come vi sentite. Una frase del tipo “questo comportamento mi ferisce molto” non fa sentire l’altro giudicato ma lo riporta alla consapevolezza che tra esseri umani anche le parole possono far male, facendogli forse scattare un minimo di empatia.


La leadership non è esclusiva responsabilità di chi la esercita ma è anche funzione della reazione del team.


Aiutate quindi il vostro responsabile ad essere un buon leader; ne ricaverete un clima aziendale più sereno e collaborativo a vostro diretto vantaggio.

| partem claram semper aspice |

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Passodue, studio di consulenza e formazione, nasce nel 2012 dalla volontà di Alice Alessandri e Alberto Aleo di unire le loro esperienze per dare una svolta alla vita personale e professionale. Il progetto è basato sull’idea di cambiare la forma mentis del mercato rispetto ai concetti di “vendita”, “marketing” e “leadership” dimostrando che fare business eticamente si può e può essere assolutamente efficace.

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