di Alice Alessandri ed Enrica Maffi
Nelle ultime settimane ho riflettuto sulle difficoltà che tante persone incontrano nel tentativo di conciliare lavoro e famiglia al punto di rinunciare alla propria completa realizzazione. Ho chiesto così un parere a Enrica Maffi, voce “utorevole” sull’argomento: mamma di otto figli, eccellente psicologa e autrice del libro “Guida all’arrivo del Primo Figlio”. Ne è scaturita una piacevole e arricchente conversazione che ci auguriamo possa essere di aiuto a donne e uomini che stanno cercando la miscela “perfetta” tra individualità, lavoro e famiglia.
“Siamo tante cose”: dare voce a ogni nostra parte
La prima cosa su cui prendere consapevolezza, dice Enrica, è che siamo fatti di “tante parti”: ciascuno di noi è individuo, professionista, parte della coppia amorosa e mamma/papà quando si forma la famiglia. Quello che spesso capita alla donna è che, una volta diventata madre, poti i suoi rami concentrando tutto sul ruolo genitoriale, sopprimendo così i bisogni di realizzazione personale. Questo processo, nel lungo periodo, è dannoso per i figli che rischiano di restare incastrati nella famiglia, per la coppia dal momento che uno dei partner viene a mancare, e per la donna stessa che riduce la sua identità solo all’essere madre. Il ruolo dell’uomo è fondamentale per supportare la compagna nell’aprirsi alle opportunità: il lavoro diventa strumento per realizzare le proprie abilità, momento di rigenerazione e stimolo per mettere in circolo nuove energie e strategie anche all’interno della famiglia.
Attivare la creatività per trovare risorse
Come dividersi tra i diversi impegni? A chi affidare i figli? Secondo la nostra psicologa molte mamme si rifugiano nella convinzione di essere le uniche in grado di accudire bene i propri figli o rimangono immobili lamentandosi di non ricevere sufficienti aiuti dalle istituzioni pubbliche. Sicuramente sarebbero utili più asili, una maggiore copertura oraria dei servizi, bonus e incentivi; quando però ci si apre alle opportunità, allargando con creatività il proprio campo d’azione, si trovano altre soluzioni: coinvolgere nonni o zii, amici con figli coetanei con cui alternarsi nella cura dei bambini, condividere una baby sitter con altre famiglie creando piccoli “asili domestici”. I genitori di oggi sono spesso genitori-adolescenziali: molti adulti, infatti, hanno difficoltà a decidere in autonomia, seguendo i propri valori profondi e le proprie emozioni, e cercano ricette preconfezionate uniformandosi passivamente a quello che fanno gli altri.
Educare all’autonomia e alla pluralità di punti di vista
Educare all’autonomia e alla responsabilità diventa difficile per quei genitori che sono essi stessi afflitti da una profonda fragilità. Enrica conferma che l’ossatura psicologica, quella che ti fa resistere e superare le avversità, funziona e va allenata come quella fisica; per imparare a camminare i bambini cadono e si rialzano e nessun genitore se ne spaventa mentre nel versante psicologico/emotivo attivano un’eccessiva protezione non preparando adeguatamente i figli alla vita. Bisogna riabilitare la famiglia come sistema democratico-piramidale in cui allenarsi, in un ambiente protetto dall’amore che lega gli elementi, alla relazione con l’altro, alla ricerca dell’accordo attraverso anche il confronto e lo scontro. Questa palestra aiuta gli “adulti di domani” a fortificarsi, sviluppare la propria individualità e, attraverso anche gli errori e le incomprensioni, a sviluppare adeguate strategie di comunicazione e relazione con cui muoversi nella scuola prima e nel mondo del lavoro poi. I bambini hanno bisogno di ricevere una pluralità di messaggi e stimoli per poter sviluppare la propria capacità di analisi e lo spirito critico, comprendendo il vantaggio positivo di crescere nell’autonomia.
Dedicarsi tempo
Per conciliare al meglio lavoro e famiglia è importante fermarsi e ricaricarsi. In una società iperattiva dove i bambini per primi sono stimolati più del necessario e hanno agende di impegni ottimizzate al minuto, si finisce per confondere il piacere con il dovere. Enrica consiglia di dedicarsi un tempo sacro, anche breve, di “piacere puro”, un tempo senza tempo, un fare cose che ci fanno stare bene e basta. Ognuno di noi ha una propria capacità di carico e di resistenza di cui spesso non siamo consapevoli perché ci si paragona agli altri e si pretende di avere le stesse performance: accettare i propri limiti e iniziare a coniugare più spesso il verbo “volere” anziché “dovere” sono due elementi fondamentali. Non esiste una ricetta che va bene per tutti ma prendendo consapevolezza della propria individualità con tutte le sue sfaccettature sarà più facile individuare il proprio stile per vivere a pieno, trovare risorse e aiuti, educare i figli all’autonomia e conciliare lavoro e famiglia. Ancora una volta alla base c’è prima di tutto una presa di responsabilità: salire sul palco della vita e recitare la propria parte fieri della nostra identità.
Guardandoci dall’esterno, io ed Enrica siamo due esempi molto diversi di donne che con impegno, passione e gentilezza, cercano di conciliare lavoro e famiglia. Nonostante le diversità ci accomunano valori e affetti, gli stessi che legano anche i nostri figli. Riccardo, mio figlio, e Luca, figlio di Enrica, sono nati a un giorno di distanza, hanno studiato insieme e giocato a basket per oltre dieci anni nella stessa squadra, adesso condividono sogni e business (una startup) a Londra.
| partem claram semper aspice |
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[…] dalla mia esperienza personale posso affermare che essere donna e professionista non solo è possibile ma queste due parti […]