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di Dolores Carnemolla

NZO

Ci sono i manager e ci sono gli uomini che diventano manager. Uomini che ricoprono questo ruolo ponendo alla base della loro operatività la centralità della persona. È la storia raccontata da Niccolò Branca, imprenditore illuminato, Presidente e Amministratore delegato della Holding del Gruppo Branca International, azienda fondata nel 1845: ha descritto il suo percorso nel libro “Per fare un manager ci vuole un fiore”, pubblicato da Mondadori ed inserito dalla casa editrice all’interno del genere “religione e spiritualità”. Il titolo richiama la famosa canzone cantata da Sergio Endrigo, musicata insieme a Bacalov e scritta da Gianni Rodari.

Ma come è possibile coniugare questi mondi apparentemente tanto distanti, quello dell’imprenditoria e quello della spiritualità?

L’autore lo spiega partendo dalla sua vicenda personale, raccontando i fatti in quello che non è un manuale di management ma il racconto di un percorso che illustra un modello pratico, le cui basi si fondano sul concetto di un «umanesimo integrato». All’inizio del volume l’autore ringrazia tutte le persone che lo hanno ispirato, amici comuni anche a noi, se vogliamo: Aristotele, Epicuro, Platone, Seneca, Manzoni, Pitagora, Tolstoj, Sant’Agostino e Totò, solo per citarne alcuni. Cosa vuol dire questo? È subito evidente quanto sia importante il confronto con pensatori, artisti, letterati di ogni tempo e senza tempo per aprire le nostre menti e nutrirle di pensiero, capacità di analisi e osservazione, creatività. Ma come si fa a diventare manager umanisti? Dalle parole e dall’esperienza dell’autore possiamo identificare tre punti essenziali.

Responsabilità

Branca ha abituato concretamente i suoi collaboratori alla logica della responsabilità, superando quella del potere, accrescendo lo spirito di partecipazione e favorendo di conseguenza l’apertura mentale di ognuno. Quando ad esempio l’Argentina (nazione strategica per l’attività del Gruppo) andò in default riunì tutti i dipendenti per cercare insieme una soluzione: fu scelta la strada creativa, venne ideato un prodotto economico, buono ma diverso rispetto alla linea più costosa. La Fernet superò la crisi e nessuno venne licenziato.

Autoconsapevolezza

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Altro concetto importante per Branca è quello dell’autoconsapevolezza (intesa come risposta al suggerimento socratico “conosci te stesso”): in una società complessa ed in crisi come quella attuale la sfida sta proprio nel riuscire ad applicare la consapevolezza, sviluppata grazie alla meditazione, per creare sì profitto ma un profitto che abbia come suo fondamento e corollario la felicità e il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone coinvolte nel processo produttivo.
 “L’autoconsapevolezza implica un autentico dimorare con l’essenza di se stessi. Uno strumento interiore saldamente ancorato alla realtà quotidiana”, scrive l’autore. È lo strumento che permette di diventare artisti della propria vita: trovare posto al centro di se stessi, dando il meglio di noi, cogliendo quello che la vita ci propone, accettando ogni cosa come opportunità per crescere e per arricchirsi interiormente.

Complicità tra Manager e Imprenditori

 

Secondo Branca nella figura dell’imprenditore è imprescindibile coniugare in maniera equilibrata l’intelligenza, il cuore ed il coraggio e questo è possibile realizzarlo quando l’imprenditore capisce che l’azienda non è semplicemente qualcosa di meccanico, che produce un determinato prodotto o un certo utile ma è piuttosto un organismo vivente. Quando interagisce con le persone, l’imprenditore illuminato cerca di seguire l’invito di Goethe a trattarle come fossero già ciò che sono capaci di essere. Secondo Branca la storia e la formazione di un manager sono diverse da quelle di un imprenditore: l’imprenditore deve condurre mentre il manager deve dirigere i processi aziendali quotidiani. La sovrapposizione dei ruoli è fallimentare. Egli riconosce alle sue squadre di manager la capacità di aver reso attuabili le sue strategie e le sue idee imprenditoriali visionarie: una complicità risolutiva ed efficace.

Attraverso questo libro ripercorrerete la strada sorprendente tracciata da Niccolò Branca che vi aiuterà a scoprire un nuovo modo di vivere la vostra stessa vita professionale e personale. Egli stesso dichiara “Se avessi affrontato alla vecchia maniera le sfide che il mondo mi ha proposto, sono sicuro che non ce l’avrei fatta”.

Niccolò Branca, Per fare un manager ci vuole un fiore, Mondadori 2013

NOTA DEL DIARIO: Niccolò Branca è alla presidenza dell’azienda dal 1999 ed è stato insignito della carica di Professore Onorario alla Universidad del Salvador di Buenos Aires, dove tiene lezioni di Economia. Pratica meditazione da 24 anni, dopo aver seguito maestri internazionali. Noi del Diario lo abbiamo incontrato qualche mese fa e ne abbiamo ricavato un’impressione di grande autenticità e senso etico. Potete approfondire la sua conoscenza visitando il blog www.niccolobranca.it

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

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