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di Alice Alessandri e Alberto Aleo

Abbiamo conosciuto Luigi Catalucci quando aveva da poco concluso una prestigiosa carriera da dirigente di un’azienda multinazionale e si accingeva ad intraprenderne una nuova che lo ha portato a ricoprire adesso il ruolo di Presidente dell’associazione Manageritalia Lombardia e del fondo di previdenza Antonio Pastore. In questi anni Luigi ha accumulato un’esperienza preziosa e variegata che mette a disposizione di chi ha la fortuna di lavorare con lui e oggi anche dei nostri lettori.

Luigi Catalucci

Diario – Che cosa cerchi nella tua professione e quali talenti metti in gioco praticandola?

CatalucciNei miei quasi 40 anni di lavoro in azienda ho attinto a due talenti: lo spirito di servizio e le mie capacità personali. Quando successivamente mi hanno chiesto di assumere il ruolo di Presidente di questa Associazione ho pensato fosse giunto il momento di ricambiare con il mio servizio quanto ricevuto. Per aver successo oltre alle competenze contano tre cose: come ti approcci agli altri, come affronti i problemi e quanto sai bilanciare i tuoi obiettivi con quelli delle persone con cui lavori, senza scadere nell’individualismo o nell’opportunismo. Sono stato chiamato a svolgere il compito di Presidente credo per il mio equilibrio e perché non ero alla ricerca del soddisfacimento di interessi personali: è questo l’unico modo che conosco per essere riconosciuto come leader.

Diario – Che cosa dai agli altri attraverso il tuo lavoro e come?

CatalucciMi impegno per portare agli altri equilibrio e insegnare a contare fino a 3: spesso infatti la soluzione è davanti ai nostri occhi ma accecati dalla fretta o da informazioni distorte non riusciamo a vederla. Mi piace anche utilizzare la metafora dell’orchestra: ci sono tanti ruoli e tutti importanti; io da sempre cerco di valorizzare ogni persona, non solo i “primi violini”. Solo i disonesti sono miei nemici, non i “meno dotati” dai quali provo a tirar fuori talenti e abilità nascoste. Nel tempo ho scoperto che ciascuno ha qualcosa di buono: l’importante è impiegare le persone per quello che sanno fare meglio; a volte ci si sorprende di quanto possa essere produttivo un collaboratore per il solo fatto di avergli cambiato mansione. Credo nelle squadre dove ciascuno si impegna a svolgere al meglio il suo compito: la sinergia aiuta a far dare il meglio di sé anche ai “meno bravi”. 

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Diario – Che rapporto c’è per te tra felicità e successo?

CatalucciLa felicità è personale, il nostro successo più che altro lo misurano gli altri. Ci sono persone che hanno successo ma non sono felici. Lo scorso anno abbiamo organizzato un convegno dedicato ai manager incentrato proprio sul tema della felciità partendo dal Paradosso di Easterlin. Egli individuò la relazione tra benessere economico e felicità umana constatando che se fino ad un certo livello le due variabili sono direttamente proporzionali (aumenta il reddito, aumenta la felicità) ad un certo punto la felicità ricomincia a diminuire. Se rincorri solo il successo economico rischi di perdere di vista la felicità personale: quando ero giovane anche io sono stato “tutto lavoro” mentre ritengo giusto che la felicità vada cercata nel presente e non rimandata a quando si sarà in pensione.

Diario – L’economia classica ci ha insegnato che per raggiungere il benessere è necessario perseguire solo l’interesse personale, è così anche per te e che spazio dai all’etica nei tuoi rapporti di lavoro?

CatalucciHo sempre cercato di dare spazio all’etica senza “strombazzarla”. Sono stato un manager con un chiaro grado gerarchico ma anche un leader riconosciuto dal basso e grazie a questo è stato più facile vivere il mio ruolo. Il capitalismo di oggi, di tipo finanziario, non mi interessa perché punta alla ricchezza rapida e si pone obiettivi nel breve: molte aziende sono state distrutte da questo approccio. Io credo che l’azienda abbia anche un ruolo sociale: l’imprenditore deve sicuramente occuparsi dei profitti e del suo benessere personale ma anche di quello di chi lavora per lui e dei suoi clienti. Con il gruppo donne di Manager Italia stiamo lavorando sul walfare aziendale e vogliamo promuovere un cambiamento culturale dicendo Benessere = Produttività. Tornando a me quando prendo una decisione valuto sempre se nuocerà a qualcuno. Nel mio ruolo mi è capitato di dover fare scelte difficili; quando ero un giovane manager ero più duro ma con il tempo ho capito che ciò che davvero conta nella vita sono le persone e le relazioni umane.

Diario – Tutti parlano di crisi, ma come è davvero cambiata la tua professione in questi anni e che lezione hai imparato per migliorarti?

Catalucci – Ritengo che oggi sia necessario essere molto più focalizzati sull’efficienza che è figlia della cultura d’impresa e della motivazione personale, due temi sui quali ho sempre puntato. Dal mio “osservatorio” mi sono reso conto che in Italia c’è pochissima cultura di management. L’offerta di lavoro nel nostro paese, in questo momento, proviene soprattutto dall’impresa medio piccola, dove spesso il titolare avrebbe bisogno di una buona iniezione di cultura manageriale che completi e amplii le competenze e capacità della sua organizzazione. I nostri manager perciò, piuttosto che guardare come hanno fatto in passato alle imprese più grandi, devono indirizzarsi verso quelle realtà che, a causa delle dimensioni ridotte, non hanno avuto accesso a professionalità in grado di spingerle verso la crescita. Nella mia carriera ho imparato che sapendosi adattare al contesto e ponendosi al giusto livello è possibile ottenere importanti soddisfazioni. La flessibilità è un vero e proprio approccio alla vita ed in questo momento anche una buona strategia professionale.

Diario – Quale suggerimento vuoi dare ai lettori in base a quello che hai vissuto? 

CatalucciMigliorate voi stessi piuttosto che cercare di cambiare gli altri, nel lavoro come in famiglia. Per esperienza posso dire che quando sono riuscito a crescere personalmente ho rafforzato la mia leadership e gli altri mi hanno aiutato a crescere ulteriormente, in un circolo virtuoso che continua anche adesso. Ho dato per primo e ho ricevuto con gli interessi dagli altri.

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Citando Paolo Conte (una delle passioni del nostro ospite n.d.r.) è “tutto un complesso di cose che fanno si che” Luigi Catalucci sia una persona elegante nel senso più ampio del termine. Te ne accorgi dai gesti, dalle parole scelte con cura e dalla fresca intelligenza dei suoi contenuti. La sua eleganza nasce da un profondo rispetto per sé e per gli altri, dalla capacità di essere concreto, sobrio, coerente ai propri valori ma sensibile e attento a quello che gli succede intorno: essa è il frutto di una profonda volontà di pensare e agire in modo etico.

| partem claram semper aspice |

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

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