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di Alberto Aleo

Credo che sia un mantra buddista in ogni caso questa frase ci ricorda che, nel lavoro e nella vita, è utile guardare all’intero percorso invece di focalizzare l’attenzione sul singolo istante conclusivo, caricandolo talmente di aspettative da finire per scambiarlo per l’unica parte davvero importante di un processo, che ricompensa tutti gli sforzi fatti.

Pensando ad esempio alle mie modalità di chiudere una trattativa mi rendo conto che a volte anche io, come tanti, sono vittima dell’ansia del venditore. Davanti alle fasi finali di una vendita infatti mi capita di ritrovarmi “imprigionato” in due comportamenti contrastanti: da un lato la fretta di chiudere e capitalizzare il lavoro fatto e dall’altro uno strano distacco, in verità un po’ snob, che mi fa dire più o meno “ma si tanto ci saranno altre occasioni”.

Queste due pseudo strategie, quando non sono figlie della paura nascono da due obiettivi di per se validi ma troppo concentrati sul singolo momento della “firma” del cliente, e cioè la voglia di prendersi una ricompensa per l’impegno profuso e la consapevolezza che non si può controllare tutto e la vita non è un’equazione matematica*.

Sane considerazioni quindi che però rischiano di trasformarsi in azioni nefaste se accompagnate dalla falsa credenza che ci giochiamo tutto negli ultimi 5 minuti di trattativa.

Come si fa allora a non cadere nella trappola ansiogena o nell’accidia?

Prima di tutto ricordandosi che lo stile di vendita e la sua efficacia sono correlati al ritmo che teniamo nell’attraversare le fasi di una trattativa: ad esempio indugiare troppo o troppo poco nell’analisi dei bisogni del nostro cliente (sommergendolo di domande o al contrario facendogliene poche ed in fretta) può vanificare la nostra perfetta strategia. Questo é particolarmente vero nella fase finale là dove troppa fretta di chiudere induce sospetto nel nostro interlocutore, mentre il troppo distacco lo farà sentire preso in giro o non giustamente considerato.

Il venditore gentiluomo alla vista del portafogli (intendendo con questo il momento in cui il cliente è disposto ad agire verso l’acquisto) non si fa certo venire la bava alla bocca ne tantomeno fa capire che per lui i soldi non sono importanti perché sarebbe come se – dopo esser riusciti a cucinare un piatto perfetto – lo mangiassimo con foga o non lo assaggiassimo neanche.


Il nostro comportamento nel momento conclusivo di una trattativa definisce invece quanto del “sangue blu” della vendita scorre nelle nostre vene.


L’importanza dello stile e del ritmo nella trattativa

Per agire bene bisogna aver fiducia in se stessi prima di tutto, ma anche negli altri. Solo così si potrà aver rispetto del ritmo della relazione e muoversi in armonia con esso.
Vincere indubbiamente vuol dire prendersi delle responsabilità e noi siamo lì per questo, oltre che per portare a termine un percorso che – come tutti i “viaggi” – sicuramente ci avrà arricchito, ampliando la nostra conoscenza del cliente e rendendo più forte il nostro rapporto con lui: il vero obiettivo a lungo termine e la vera ricompensa che ogni venditore dovrebbe perseguire.


No, non ci stiamo giocando tutto alla firma dell’ordine dunque, ma quel momento è un altro tassello, importante ma non sicuramente definitivo, del nostro rapporto con il cliente.


Merita rispetto ma non timore, consapevolezza e non paura, eleganza ma non distacco, come ogni altro passo che compiamo lungo la strada che ci porterà al successo.

(*) E’ vero che non possiamo controllare tutto, c’è una parte di “lavoro” per chiudere una trattativa che sarà il nostro cliente a dover compiere e che è sotto il suo libero arbitrio. È bello e giusto che sia anche lui a scegliere, pensate infatti allo scarso valore che avrebbe per voi e per il vostro rapporto con l’altro una “vittoria” imposta!

| partem claram semper aspice |

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Passodue, studio di consulenza e formazione, nasce nel 2012 dalla volontà di Alice Alessandri e Alberto Aleo di unire le loro esperienze per dare una svolta alla vita personale e professionale. Il progetto è basato sull’idea di cambiare la forma mentis del mercato rispetto ai concetti di “vendita”, “marketing” e “leadership” dimostrando che fare business eticamente si può e può essere assolutamente efficace.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. Grazie per il tuo articolo,
    mentre lo leggevo mi è venuto in mente un altro collegamento che potrebbe esserci tra il processo di vendita e lo Shibumi, l’eleganza nello Zen giapponese.
    L’affinità è nel fatto che lo Shibumi allude ad “una grande raffinatezza sotto apparenze comuni”.
    Come dire…. un’altra caratteristica per valutare quanto “del sangue blu della vendita scorre nelle nostre vene”

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