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di Alberto Aleo

modello di businessPremetto che le seguenti riflessioni sono state ispirate dalla lettura del saggio “Increasing Returns and New Word of Business” scritto dal Prof. W. Brian Arthur della Standford University, al quale vi rimando per ulteriori approfondimenti.

Brian sostiene che il modello economico prevalente, cui si conformano gran parte delle strategie di business, è progettato per mercati caratterizzati da scarsità di risorse e limitati dimensionalmente. Se ad esempio ho un’azienda che produce e vende arredamenti, nel mio processo produttivo dovrò avere accesso a delle risorse, consumando tempo e denaro per produrre. Dovrò poi offrire i miei prodotti al mercato nazionale o esportarli (con ulteriori costi ed impiego di risorse logistiche) su mercati esteri. Questa “finitezza” di risorse e mercati innesca competizione per accapararsi le une e gli altri la quale produce due effetti: riduce nel tempo le marginalità (perchè dovrò spendere di più per accaparrarmi più risorse o abbassare i prezzi per conquistare nuovi mercati) e spinge le aziende a perseguire atteggiamenti opportunistici nei confronti dei clienti e degli altri attori sul mercato (come dire che siccome le risorse sono scarse ed i mercati sono limitati sarà necessario sgomitare per sopravvivere).

Ma adottare questo comportamento competitivo è corretto per tutti i mercati? Le risorse scarse e la finitezza dimensionale sono caratteristiche applicabili ad ogni business?

Secondo il Professore americano no. Brian distingue tra i mercati basati sullo scambio materico – quelli quindi dove si vendono e si comprano merci – e mercati basati sullo scambio di informazioni, conoscenze, idee. Per i primi è possibile perseguire una strategia di massimizzazione dei profitti che porti ad un sostanziale equilibrio tra ciò che propongo al mercato (offerta) e ciò che il mercato mi da in cambio (domanda). Nel secondo caso invece persiste un sostanziale disequilibrio a sfavore di chi “produce” idee, informazioni e conoscenza, generato dal fatto che questo particolare tipo di scambio spesso non è adeguatamente remunerato nel breve e comunque è difficilmente misurabile perchè poco “materico”.

Le Aziende che competono in questi mercati come possono allora assicurarsi marginalità, senza vedersi schiacciate dal disequilibrio che le penalizza?

Secondo Brian la domanda, posta in questi termini, è ancora viziata dalla vecchia credenza che dimensioni e risorse limitino il margine messo a disposizione in ogni mercato. Se così fosse infatti, difficilmente un’azienda che fa della creazione di conoscenza, idee e informazioni il suo business potrebbe sopravvivere. Nella nostra esperienza invece sappiamo che molte delle aziende in questi ultimi anni hanno basato la loro leadership sulla vendita di componenti molto poco materiche del loro sistema d’offerta (basti pensare a Facebook o più in generale ai servizi). Come ci sono riuscite allora?

Ci sono riuscite perché esistono mercati che hanno ben pochi limiti dimensionali (il Web primo di tutti) e non hanno un rapporto diretto con le risorse scarse: se vendo idee e creatività l’unico limite di “materia prima” necessaria a produrre è la mia capacità di immaginare!

In questi mercati non è quindi necessario essere opportunisti e succhiare subito al nostro cliente l’ultimo penny che ha in tasca; non dobbiamo sgomitare con i nostri concorrenti per farci spazio dentro un mercato sempre più stretto e affollato. Se nei mercati tradizionali si lotta per conquistare e difendere il margine (perennemente attaccato dalla scarsità delle risorse e dalla ipercompetitività), nei nuovi mercati si lavora per svilupparlo partendo dal presupposto che così come esistono meno vincoli per il mercato ne esistono pochi anche per il margine che può crescere più liberamente. Più che di management (gestione) bisognerebbe quindi parlare di development (sviluppo) nel descrivere i processi necessari ad assicurare successo a questo tipo di aziende.

Quali sono quindi le qualità per eccellere in mercati così fatti? Brian ne elenca alcune, che qui vi propongo reinterpretate dal sottoscritto:

  • Ragionare nell’ottica del Network – Il successo di una nuova idea o l’introduzione di un prodotto fortemente innovativo, dipende dalla comunità di utilizzatori che lo adotta. Siano essi clienti, partner, fornitori o addirittura potenziali concorrenti, in una fase iniziale del nostro lavoro dovremmo coinvolgerli e supportali, cooperando con loro perchè la nostra offerta sia accettata più velocemente possibile, trasformandosi così da novità originale a piattaforma largamente condivisa e conosciuta.
  • Investire sul rapporto con il consumatore – Se vogliamo che percepiscano il nostro valore, comprendendo ogni aspetto differenziale della nostra offerta, dobbiamo dedicare ai nostri clienti il tempo e le energie necessarie a trasformarli in “esperti” del nostro prodotto/servizio. Saranno poi loro i principali testimonial della nostra azienda.
  • Strutturare bene gli obiettivi – Se nei mercati tradizionali lo sforzo strategico più consistente è dedicato all’ottimizzazione (concentrandosi quindi su attività come la pianificazione ed il controllo dei processi), nei nuovi mercati è fondamentale chiarire bene quali siano i nostri obiettivi, i nostri valori e la nostra visione. Mission e Vision sono quindi fondamentali per mantenere salda la rotta in mercati in perenne espansione e per attirare sempre nuove persone all’interno del nostro network.
  • Pensare in orizzontale e non solo in verticale – Non tentare subito di capitalizzare ogni singola interazione nel breve. Se vendiamo le nostre idee e la nostra visione (e non solo i nostri prodotti) non siamo legati alla scarsità di risorse e mercati, perchè la nostra offerta è più relazionale che materica. Questo significa che non dobbiamo difendere il margine in un mercato piccolo e competitivo ma che stiamo cavalcando verso un mercato in espansione nel quale il margine si allarga insieme alle nuove opportunità che il rapporto con il nostro network ci offrirà.
  • Dare Valore alle componenti intangibili del sistema di offerta – Vendere innovazione, idee e creatività significa prima di tutto vendere relazione. Saper comunicare e offrire contenuti validi e originali è quindi fondamentale; è questa caratteristica più di ogni altra che ci permette di allargare i limiti fisici del mercato e di sganciarci dall’uso di risorse scarse.

L’articolo ovviamente è molto più complesso e strutturato della mia semplice interpretazione, ma ciò che spero sia chiaro è che per aver successo nei nuovi mercati bisogna basare la propria strategia su nuove dinamiche di cooperazione più che di competizione, gestire le relazioni nel medio-lungo termine piuttosto che perseguire risultati immediati, avere obiettivi condivisibili e una visione che possa inspirare un ampio numero di persone. Se infatti i precedenti modelli di business facevano leva sul concetto di ben-avere, un nuovo stile di consumo si sta affermando nel quale le relazioni, le idee e la conoscenza sono il vero valore aggiunto e il ben-essere non è solo centrato sugli aspetti materiali.

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

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