di Alberto Aleo
Lo sappiamo già da alcuni anni: la sfida del nostro sistema industriale, nato da una matrice artigianale, è passare da aziende product oriented, concentrate sulla produzione e sui processi interni, a customer oriented, concentrate sulle esigenze del cliente.
Le aziende devono guardare alla loro organizzazione, ai loro processi ed ai loro prodotti “con gli occhi del cliente” e cercare di ottimizzare il loro intero sistema d’offerta in modo da renderlo comprensibile, condivisibile e desiderabile nel tempo. Ciò significa pensare in termini di “valore per il cliente” e focalizzare ogni azione sul rendere più efficace ed efficiente lo scambio. Nelle aziende sì fatte i venditori si trasformano in manager, gestori attenti della relazione con il cliente e abituati a considerare in modo strategico ogni momento dell’interazione con il mercato. Fin qui però non sto dicendo niente di nuovo. L’elemento di novità è che a me questa visione non convince del tutto.
Ho sempre la strana e sgradevole sensazione che agendo come sopra, si diventi quantomeno compiacenti, perdendo gran parte della forza creativa che deve caratterizzare ogni nuova iniziativa.
L’innovazione dal basso, intendo quella fatta chiedendosi “cosa vuole il mercato?” è a mio avviso una delle strade ma non l’unica, altrimenti non si spiegherebbe il successo di alcuni prodotti che nessuno si aspettava e che invece di rispondere ad un bisogno lo hanno letteralmente generato.
Sto dicendo, in pratica, che hanno ragione alcuni imprenditori che si ostinano a produrre prodotti che non nascono da una ricerca di mercato, ma sono invece frutto della loro personalissima – e a volte anche utopica – visione della realtà. Gli esempi di menti illuminate che hanno agito così sono molteplici e tutti, nel medio lungo termine, hanno avuto ragione se non con i numeri del venduto, con la posizione di privilegio che i consumatori hanno assegnato al loro brand: pensiamo ad esempio ad Enzo Ferrari e a Steve Jobs tanto per fare due nomi a caso.
Quindi qual è la strada corretta per affrontare il mercato senza da un lato “prostituirsi” e senza dall’altro scadere nella più presuntuosa auto-referenzialità?
Credo che il segreto risieda nella capacità di generare valore per sé e per gli altri. Un atteggiamento profondamente diverso sia dall’adattamento all’idea di valore del consumatore, sia dal volere imporre ad esso le proprie scelte.
Davanti ad un nuovo prodotto o una nuova attività bisogna chiedersi “Mi piace davvero? Credo che questo mi farà fare un passo avanti?“. Non possiamo infatti concepire, argomentare e vendere nulla se prima non siamo perfettamente convinti che quel prodotto o quel servizio siano realmente necessari ed “etici” cioè rispondenti alla nostra visione e ai nostri valori profondi. Poi la domanda successiva dovrebbe essere “Sono in grado di generare valore anche per gli altri? Sono in grado di argomentare il valore del mio prodotto?” La risposta dipenderà anche da cosa ci hanno suscitato le prime domande.
La nostra “onda creativa” quindi, la nostra visione, per essere vincente e in armonia con il mercato, dovrà essere rivolta in avanti, verso gli altri (in questo senso sarà customer oriented) e non solo verso noi stessi e la nostra organizzazione (secondo l’approccio precedentemente definito product oriented). In una battuta:
chi non sogna non è in grado di far sognare e sognare è il vero valore che i nostri clienti cercano per vedere amplificata, anche attraverso i nostri prodotti, la loro realtà.
Per chiarire meglio la differenza tra le tre strategie di approccio al mercato, proviamo a descrivere il comportamento di un ipotetico commerciale impegnato nella ricerca di nuovi clienti.
- Il primo tipo analizza le opportunità sul mercato e trasforma il suo stile adattandone le caratteristiche alle esigenze dei clienti. Potremmo dire che la sua identità è “camaleontica“.
- Il secondo tipo di fatto non si occupa di cercare i clienti, ha una personalità granitica ed è un pò misantropo: i nuovi clienti se vogliono veramente acquistare i suoi prodotti dovranno adattarsi al suo modo di pensare, mettersi in fila e attendere il loro turno!
- Il terzo, ispirato dall’onda creativa proiettata in avanti, sa che per generare nuovo business è importante divertirsi e appassionarsi lavorando. Questa passione è da un lato naturalmente attrattiva e dall’altro, per svilupparsi e potenziarsi, ha bisogno di essere condivisa. Chi appartiene a questa categoria cerca, tra i suoi nuovi clienti, persone che partecipino alla sua visione, ne comprendano il valore.
Non vuole cogliere tutte le opportunità del mercato e non vuole neanche rimanere solo e arroccato a difesa della sua unica e personalissima (magari anche brevettata) idea di business. Vuole “scegliere” di lavorare con persone che gli somigliano, che possano portare contenuti e capitale umano alla sua visione del mondo. C’è un bella differenza!
| partem claram semper aspice |
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Faccio parte del terzo tipo, a 56 anni suonati, ho deciso di seguire la creativita’ e la passione in un settore che finora ho vissuto solo da consumatore o venditore, il settore della moda, proprio dall’esperienza acquisita in queste due vesti, mi sono resa conto che le mie esperienze in merito, possono dare forma ad un nuovo modo di porsi sul mercato, ho coinvolto persone del settore, (produzione,rete vendita) e adesso inizia l’avventura.
Grazie per questo bell’articolo che apre ad una una nuova energia, c’e’ bisogno in questo momento di persone che alzino il livello, una nuova consapevolezza stà nascendo e la creativita’ ci aiuterà in questo.
Un caro saluto Alida
Bravissimo Alberto! Con grande efficacia hai tracciato una strategia di pensiero vincente.