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Come ogni anno anche per queste feste sono andato a trovare i miei genitori a Palermo, la città in cui sono nato. Quello che mi è saltato subito all’occhio passeggiando per i negozi alla ricerca di regali tardivi, è stato che l’economia palermitana vive un fenomeno di stagflazione acutissima che i suoi cittadini sembrano ignorare o accettano senza alternative. In questo la città anticipa o forse esaspera le tendenze del resto di Italia (cosa che peraltro succede anche in altri settori).

La stagflazione comporta la presenza contemporanea di due fattori negativi per l’economia, ovvero la recessione ed il rialzo dei prezzi, che fino a pochi anni fa si credeva non potessero convivere.

Keynes e gli economisti classici credevano che la recessione portasse come logica conseguenza il ribasso dei prezzi, ovvero la deflazione, mentre un’economia in crescita avesse come naturale conseguenza un aumento di domanda e quindi il rialzo dei prezzi. In effetti è questa la logica del mercato, ma girando per i negozi di Palermo si vedono vetrine vuote, sale espositive deserte e… prezzi altissimi! Cosa sta succedendo? La verità è che il fenomeno della stagflazione è ancora un enigma aperto per gli economisti ed appunto per questo non se ne conoscono fino in fondo i rimedi, quindi va evitato come la peste. Si sa (o meglio si ipotizza) che esso sia generato da fenomeni di monopolio e dall’esistenza di cartelli, situazioni cioè di “fallimento del mercato” per scorretto funzionamento del meccanismo competitivo. Nelle economie di sussistenza (quelle povere per intenderci) capita che il potere economico e il potere di scrivere le regole di mercato (di solito affidato alla Politica) coincidano, creando turbative nel regolare esercizio della concorrenza. La naturale conseguenza di ciò è che la concentrazione del potere economico si settorializza, la ricchezza si sposta nelle mani di pochi che oltretutto dettano le regole per la sua distribuzione (controllando quindi politica ed economia).

stile competitivo

Il meccanismo dei prezzi a questo punto da “regolatore della concorrenza di mercato” diventa “regolatore del potere sociale” contribuendo a dividere la società, in un circolo vizioso che vede i potenti sempre più ricchi e potenti appunto ed i poveri sempre più poveri e incapaci di entrare nel mercato cambiandone le regole.

Fatta questa lunghissima premessa per certi versi disperata, voglio raccontarvi invece una bella storia, una storia positiva intendo, che ho raccolto proprio passeggiando tra i negozi di Palermo e che è in totale controtendenza rispetto alla situazione di mercato sopra descritta. La storia ha inizio con me che tento di comprare un maglione in lana di buona qualità. Giro per i più noti negozi della città e, con mio grave disappunto, non trovo nulla che costi meno di 150 euro. Il disappunto nasce anche dal fatto che vengo da un tour londinese dove ho potuto sperimentare la qualità e la convenienza dei negozi inglesi che, a fronte di griffe di qualità, non propongono per un articolo simile prezzi mai superiori ai 100/110 euro (circa 90 sterline). Sto quasi per rinunciare quando mi imbatto in un negozio storico di Palermo, uno di quelli che esistono (credo) dal tempo del regno delle due Sicilie, comunque è sul mercato da decenni. Noto che ha cambiato configurazione: invece delle classiche 5 vetrine su via Libertà (il Boulevard Palermitano più noto per lo shopping) adesso ha ridotto la sua presenza a 2, addobbate però con stile. All’interno tutto appare più compresso di prima, perchè a dispetto del fatto che il negozio si sia molto ridotto, il numero di commessi è rimasto lo stesso ed anche la scelta di prodotto sembra non mancare. Mi accoglie quindi una schiera di compiti commessi, tra i quali uno si fa avanti ascoltando le mie richieste e facendomi poi da consulente. Alla fine mi venderà un maglione in cashemere da 80 euro, più una cravatta ed un pantalone per la cifra totale di 150 euro.

Per tutto il tempo della nostra relazione sorride, ascolta e al momento di accompagnarmi alla cassa fa una piccola sigla su una copia dello scontrino che consegna alla cassiera.

Avviandomi verso l’uscita noto che ad aprirmi la porta è l’anziano titolare, non resisto e gli chiedo spiegazioni del cambiamento. Mi risponde così:

Queste persone sono con me da moltissimi anni e nonostante la crisi non me la sentivo di lasciarli a casa. Avevo davanti a me molte scelte, ho deciso di vendere una parte del negozio per abbassare i costi fissi. Per farci stare tutta la merce ho deciso di eliminare quelle linee di prodotto meno coerenti con la nostra immagine, concentrandomi solo sulla moda inglese per la quale siamo da sempre conosciuti in città. Ai dipendenti ho poi proposto di trasformare una parte del salario in premio variabile sul venduto che ognuno realizza (ecco il motivo della sigla sullo scontrino) in modo sia da premiare il merito, sia ancora una volta da ridurre i costi fissi. Il risparmio sui costi l’ho ribaltato sul prezzo della merce. Le cose adesso vanno meglio sia per noi sia per i nostri clienti che si avvantaggiano sia dei prezzi più bassi, sia di un servizio migliorato grazie alla motivazione dei commessi derivante dai premi variabili“.

Vado via e rifletto sulla lezione di economia che ho appena ricevuto dall’esperto negoziante.

Flessibilità, riduzione costi, merito, focalizzazione dell’offerta ecco alcuni degli ingredienti che servono per comporre la ricetta in grado di invertire la tendenza.

Da non trascurare il fatto che il nostro negoziante, del quale mi piacerebbe moltissimo citare il nome in barba alla privacy, si è messo in discussione rischiando capitale e reputazione e il suo gesto, apparentemente banale, di aprire personalmente la porta ai clienti, facendo in modo che sia suo il primo e l’ultimo sorriso che li accompagneranno, è oltre che un potente strumento di marketing anche una metafora perfetta di quel mix di responsabilità, coscenza, umiltà e velato controllo che chi detiene il potere dovrebbe esercitare sul mercato. Speriamo che ancora una volta Palermo stia anticipando una tendenza…

Le foto utilizzate – là dove non siano di proprietà della redazione o dei nostri ospiti – sono acquistate su Adobe Stock e IStockPhoto o scaricate da piattaforme come UnSplash o Pexels.

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

Questo articolo ha 5 commenti

  1. hai ragione. bellissimo esempio anche di umanita’. quella vera.

  2. E’ un piacere leggere i tuoi post, continua ad inviarli, e buon anno anche a te!

  3. Altre volte ho visto sistemi simili adottati da commercianti, ma a farla da padrone è sempre l’intelligenza di chi li adotta. Ricordo una volta di aver assistito a scene di reciproca scortesia tra giovani impiegate di un noto marchio, che per accaparrarsi i clienti ti piombavano addosso come locuste. Non vi dico la sgradevole sensazione che deriva dal sentirsi assaltati per pochi euro da racimolare come premio vendita (a fronte di un’adulazione continua che ti fa passar la voglia di esser seguito). Complimenti al titolare e soprattutto ai collaboratori, i primi interessati sottoposti ad un banco di prova tanto difficile.
    E complimenti a chi ha scritto, eleganza e sintesi in una sigla.

  4. Anche io nel mio negozio di abbigliamento ho adottato qualcosa di simile, sopratutto per poter continuare a lavorare con le mie commesse, che non sono commesse, per me sono come figlie, in questa disatrosa situazione spesso ci troviamo in condizioni o di dover chiudere o di dover privarci di preziosi collaboratori, al momento per non fare nessuna delle due cose, non faccio l’imprenditore, sprero che il tempo mi dia ragione.
    Grazie per il bell’articolo e sopratutto per la morale che contiene, morali che in questi tempi hanno perso valore.
    Alida

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