La cultura latina, che spesso si annida nell’etimologia delle parole e ci permette di comprendere cose di cui a volte siamo inconsapevoli, ha lasciato un segno profondo nel nostro modo di vivere e di lavorare. Tra queste parole vi è una che ha un grande valore nella crescita personale e professionale, “sapere”, la cui radice risiede nel termine “sa, sale” che stava ad indicare proprio l’atto di dare sapore, mettendo nei cibi la giusta quantità di sale.
La domanda da porsi allora è d’obbligo, tanto più per chi fa un lavoro come il nostro, ponendosi al servizio di chi fa impresa attraverso la capacità di generare valore, di dare sapore per l’appunto: come “costruire” questo sapere, a quali esperienze e valori attingere perché diventi un patrimonio comune?
Foto di Andrik Langfield su Unsplash
Nel nuovo libro, “Storie di ordinaria economia”, un saggio al cui centro vi sono 24 storie di imprese che stanno facendo risultati importanti attraverso un modo diverso ed etico di fare impresa, ho provato a dare voce all’esperienza di chi ogni giorno si interfaccia con le delicatezze e le sfide della gestione aziendale: imprenditori e manager illuminati nelle cui mani e nel cuore riposa, a volte inconsapevolmente, questo “sapere” che ogni giorno opera nei mercati e vuole costruire soluzioni e risposte. Persone che attingono all’esperienza e ad un modo d’essere quasi congenito e che si rifanno a dei valori che il contesto e la tradizione hanno sviluppato silenziosamente, tanto più in Italia, culla di una storia millenaria e di tanta bellezza. Nel raccogliere queste storie e metterle accanto l’una all’altra, è stato interessante rendermi conto che esiste un filo rosso che virtualmente lega chi in questi anni di crisi ha saputo evolvere, crescere e migliorare. Tratti comuni che oggi anche recenti e altisonanti ricerche hanno stabilito essere gli elementi portanti di queste “avanguardie” che stanno rappresentando il Made in Italy e l’eccellenza italiana nel mondo.
Uno studio in particolare che cito nel libro ha contributo a farmi “chiudere il cerchio” rispetto a ciò che dai racconti emergeva e che in tanti anni di consulenza avevo avuto modo di riscontrare in maniera diretta. Sia i dati empirici che quelli statistici giungono a conclusioni molto simili. Non ci sono tratti comuni che riguardano il settore di provenienza di queste aziende, né le dimensioni di fatturato o l’area geografica in cui sono localizzate, niente che faccia pensare ad una comunanza legata ai tratti tipici dell’economia aziendale classica. Vi sono invece alcuni tratti distintivi, tre in particolare, dell’imprenditore o dei manager che riguardano il loro modo di guidare le imprese nel medio e lungo termine, anche se con modalità a volte diverse: l’attenzione al capitale umano e alla valorizzazione delle persone; lo sviluppo delle relazioni e della cooperazione sia all’interno che all’esterno dell’azienda; la capacità di vivere l’impresa come un sistema, un progetto “sociale” che va oltre i confini dell’impresa stessa.
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Valori, linee guida che poi diventano scelte concrete, prassi quotidiane, che cambiano il modo di gestire le relazioni con il “sistema” impresa e con gli stakeholder.
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In questi anni nei tanti incontri tenuti nell’ambito della “Business Ethics”, compresi quelli organizzati in LIUC, l’Università di Castellanza, con i miei colleghi abbiamo più volte evidenziato come l’etica possa diventare un motore strategico dell’impresa proprio perché capace di sviluppare in maniera coerente altre due forme di capitale – quello umano e quello relazionale – affiancandoli ai capitali tradizionali e dando agli stessi nuove opportunità di sviluppo e remunerazione. Era ciò che vivevamo ogni giorno nelle attività di consulenza in azienda ma ritrovarlo dentro a queste 24 storie virtuose e ai mille dati di queste ricerche è stato come riapprodare al porto da cui eravamo partiti anni fa.
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La strada, e i risultati, oramai paiono tracciati, adesso spetterà a ciascuno di noi rendere coerenti questi modelli e far sì che diventino comportamenti responsabili e risultati sostenibili.
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Forse la sfida sarà proprio fare impresa ogni giorno con uno sguardo diretto al futuro ma ben sapendo che abbiamo alle spalle una tradizione che ci àncora ad un passato e a dei valori che hanno ancora molto da dire.
| partem claram semper aspice |
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