di Alberto Aleo
In questi giorni a casa nostra aleggia una domanda difficile: “Come si fa a scegliere il percorso di studi?”, “meglio la rassicurante concretezza di un percorso standard o l’avventuroso rischio di un programma innovativo“? Sono domande che mediamente ci poniamo almeno due volte nella vita: prima come figli e poi come genitori. A seconda del ruolo che giochiamo in quel momento le prospettive cambiano radicalmente e ciò che eravamo disposti a difendere strenuamente da figli (libertà, passione, innovazione) si contrappone drammaticamente alle nostre parole di genitori, preoccupati di assicurare ai propri ragazzi un futuro più protetto e un ingresso nel mondo del lavoro senza troppe difficoltà.
Scegliere il futuro
Scegliere il proprio percorso formativo sembra infatti coincidere con lo scegliere la propria professione e, in ultima analisi, con lo scegliere il proprio futuro. Ma siamo sicuri che sia esattamente così? È davvero “automatico” che se oggi scelgo A domani otterrò B e mi allontanerò sempre di più da C?
Allargando ancora di più il campo delle domande: è possibile programmare il nostro futuro in base ad una singola, se pur importante, scelta? O ancora, siamo certi che sicurezza e assenza di difficoltà, siano i due parametri più corretti per decidere?
Sono molte domande, me ne rendo conto, ma porsele è necessario forse di più che trovare una risposta. È necessario oltretutto rivolgerle a se stessi più spesso delle due volte in cui, prima come figli e poi come genitori, apparentemente sembrerebbe lecito farlo. Soprattutto perché, come tutte le “buone” domande, queste hanno il vizio di imporsi comunque alla nostra recalcitrante attenzione: come dire che se non siamo noi ad affrontarle, prima o poi saranno loro ad affrontare noi!
Le forze contrapposte nella scelta professionale
Riflettendo sulla mia esperienza, credo che ci siano state due forze importanti che hanno per molto tempo guidato le mie scelte professionali (e non solo quelle forse): il desiderio di essere accettato e riconosciuto come professionista e il desiderio di esplorare i miei talenti. Come potete bene immaginare queste due forze sono state spesso contrastanti e dal loro cozzare sono scaturiti i percorsi e le direzioni che ho imboccato in questi anni.
Essere accettati è una forza strana, impone di sapere cosa gli altri vogliono da noi e come reagiranno alle nostre scelte. Da un lato è una forza nobile, perché prende in considerazione il valore delle nostre relazioni e dei nostri legami personali, dall’altro è tremenda perché ci obbliga – a volte – ad essere altro da noi, a snaturarci o se volete prostituirci un pò. Anche la voglia di esplorare i propri talenti può limitare la libertà e la capacità di essere fino in fondo se stessi. Accade infatti di dimenticarsi che anche il talento è un mezzo e non un fine.
Persi nel tentativo di arbitrare la lotta senza esclusione di colpi tra queste due potenti forze, ci si dimentica qual è il vero senso della nostra ricerca ovvero che alla base di tutto ci sono la cara vecchia “ricerca della felicità” e un desiderio di consapevolezza e conoscenza (soprattutto di se stessi) che è connaturato al nostro essere uomini. Vogliamo essere accettati perché sappiamo che la felicità passa anche da questo, e vogliamo scoprire e sperimentare i nostri talenti perché vogliamo conoscere noi stessi e diventare più consapevoli.
Viste da questa nuova prospettiva le molte domande poste in precedenza assumono una veste tutta nuova e forse si riducono a due: sei felice? Stai evolvendo?
Se la risposta è si ad entrambe le domande tutto il resto verrà da se, compresi soldi, sicurezza, fortuna e fama. E, per inciso, fare delle scelte oggi sperando di essere felici domani è davvero un azzardo: consiglio a tutti di fare scelte oggi per essere felici oggi. Pensateci, oltretutto è molto più razionale!
| partem claram semper aspice |
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TI FACCIO 2 ESEMPI, UNO DA FIGLIA L’ALTRO DA GENITORE, COME FIGLIA HO SEGUITO LA RAZIONALITA’ E CIO’ CHE ERA GIUSTO (COSA MAI E’ GIUSTO?) ED HO FATTO PER TUTTA LA VITA UN LAVORO CHE NON MI APPASSIONA E MI LIMITA IN CREATIVITA E MANUALITA’,(MIEI TALENTI) ANCHE SE AL DI FUORI PUO’ SEMBRARE CHE SONO UN’IMPRENDITRICE CAPACE. COME GENITORE HO LASCIATO LA LIBERTA’ DI SEGLIERE ED A PARTE LE PROBLEMATICHE CHE PURTROPPO PERSISTONO ED AUMENTANO IN QUESTO PAESE, I MIEI FIGLI FANNO LA PROFESSIONE CHE AMANO, IN PARTICOLARE IL MIO SECONDO FIGLIO HA FATTO UN PERCORSO MOLTO STRANO:
E’ PARTITO DA UN’ISTITUTO TECNICO (ITI MECCANICA) INDIRIZZATO DALLA RAZIONALITA’ DI FAMIGLIA (POI UN DOMANI LAVORI NELLA N/S AZIENDA), AL MOMENTO DI SEGLIERE L’UNIVERSITA’ CI E’ ARRIVATA UNA RICHIESTA CHE SUL MOMENTO CI HA VERAMENTE, SPIAZZATO (POSSO FARE FILOSOFIA, LO SENTO COME UN PERCORSO PERSONALE) FINITO FILOSOFIA, ENTRATO NELL’AZIENDA DI FAMIGLIA (RIPOSTO, SBAGLIANDO SU DI LUI IL FUTURO) E’ RIMASTO DUE ANNI, DOPODICHE’ LA SECONDA RICHIESTA SPIAZZANTE, (NON MI SENTO REALIZZATO NEL LAVORO CHE FACCIO, HO UNA PASSIONE CHE VORREI CONCRETIZZARE, FARE IL CUOCO). SCUOLA, STAGE IN RISTORANTE, STAGIONE ESTIVA IN UN’HOTEL, INVIATO DIVERSI CURRICULUM A RISTORANTI STELLATI (PER FARE PRATICA) SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE, CHIAMATO DAL RISTORANTE JOIA DI MILANO, UNICO RISTORANTE STELLATO IN EUROPA DI TIPO “VEGETARIANO”. LAVORA 12-13 ORA AL GIORNO, NON PERCEPISCE AL MOMENTO NESSUN COMPENSO E’ STANCO MA FELICE (LA PSIORIASI CHE LO COLPIVA E’ PASSATA).
GRAZIE, UN CARO SALUTO ALIDA