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di Alice Alessandri e Alberto Aleo

Al MIT hanno studiato o insegnato 80 premi Nobel e attualmente 9 tra essi tengono corsi; insieme alla gemella Harvard, che sorge a pochi isolati di distanza, il Massachusetts Institute of Technology è infatti una delle università più prestigiose al mondo.

Chi si forma qui può contare su collaborazioni eccellenti, come con la NASA, e esercitarsi con un altoforno, un simulatore di assenza di gravità e impianti produttivi reali senza spostarsi dal campus.

E’ in questa fucina di “genietti” che siamo entrati come ospiti della Sloan Business School che eroga MBA (Master in business administration). Il corso a cui partecipiamo, presentando il nostro lavoro e seguendo i gruppi nelle esercitazioni, è dedicato alla Leadership Etica e condotto da Leight Hafrey uno dei docenti con cui abbiamo collaborato per il nostro libro. Ma com’è il MIT da dentro? Come si svolgono le lezioni, chi sono e come si comportano gli studenti?

I “nostri” ragazzi sono tutti laureati in ingegneria e lavorano da qualche anno, qui infatti ai master si partecipa dopo aver già fatto un po’ di esperienza. Hanno circa 25-30 anni ma alcuni di loro sono CEO (amministratori delegati) di piccole aziende! Con un pubblico così preparato e titolato ci si aspetterebbe una classica lezione “accademica”: niente di più distante dal vero!

L’abbigliamento dei partecipanti è informale (infradito, bermuda e t-shirt) ma nessuno osa nemmeno appoggiare il telefono sul banco.

I pc e gli Ipad rimangono negli zaini, almeno fino a quando non scatta il lavoro di gruppo. In compenso c’è una giungla di bicchieri, tazze e bottiglie di varie forme. Le lezioni iniziano alle 8.00 del mattino e già alle 7.45 sono tutti in aula, professore e noi compresi. Alle 8.01 si da il via ai lavori e quando alle 8.07 arrivano due ritardatari il prof glielo fa notare. Le aule sono circolari, in modo che ci si possa raccogliere intorno al docente, mentre fuori ci sono corridoi ampi pieni di tavoli e poltrone per lavorare in gruppo, cosa che succede molto spesso. Si parte infatti subito con un’esercitazione: alle 8.14 i ragazzi si dividono in squadre, scegliendo tra 8 argomenti che nell’arco di mezz’ora dovranno sviluppare basandosi sui saggi che hanno letto a casa. Alle 8.46 il primo gruppo presenta i suoi risultati.

Siamo sbalorditi dalla capacità di sintesi dei partecipanti: gli sono bastate pochissime parole per capire cosa fare e portare a conclusione il lavoro, perfettamente nei tempi.

Le loro presentazioni non sono certo “geniali” ma asciutte e bilanciate. Durante il lavoro in squadra hanno saputo organizzarsi senza prevaricare, giungendo a conclusioni condivise. L’altra cosa che notiamo è la capacità di “stare sul palco” e l’originalità di ognuno nel farlo: c’è chi fa battute, chi coinvolge il pubblico e chi porta casi studio. Anche quando si creano divergenze d’opinione, la tensione che se ne ricava è positiva, basata su un dialogo rispettoso. Chi non è d’accordo lascia finire l’altro e poi porta le sue ragioni.

Anche il docente non è immune da richieste di chiarimenti o da difformità di opinioni. Queste persone destinate, come dichiarato dalle ultime statistiche relative ai laureati del MIT, a entrare nel 10% della popolazione statunitense più ricca, hanno un enorme rispetto per gli altri, per se stessi e per l’istituzione che li accoglie ma esso si esprime nella sostanza dei comportamenti piuttosto che nella forma.

I titoli qui sono importanti, un professore del MIT è pur sempre un graduato d’eccezione, ma solo nel senso che “chi più ha più dà” secondo un perfetto spirito di servizio.

La nostra partecipazione al corso proseguirà nella prossime settimane ma vogliamo già ricavarne una morale da condividere con chi ci legge. Chiariamolo, il MIT e le Università negli gli Stati Uniti non sono pianeti perfetti popolati da una razza superiore, ma solo luoghi in cui c’è qualcosa da imparare. Ecco dunque la lezione che portiamo con noi:

  • essere puntuali, il tempo nostro e degli altri è prezioso
  • mostrare rispetto dialogando anche fermamente e passando con gentilezza dalla cultura del “no but …” a quella del “yes and …”
  • arrivare ad una conclusione cioè darsi un obiettivo operativo e rispettarlo anche a costo di sacrificare qualcosa
  • essere curiosi e aperti agli altri, non si sa mai da dove può arrivare una lezione
  • la capacità di sintesi non è saper fare il “riassunto” ma saper fondere discipline e saperi diversi inquadrandoli in una visione globale
  • la capacità di presentare non è mera “teatralizzazione” ma messa in scena di una visione e di un disegno utili a condurre chi ascolta verso una meta.

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Sintesi e Visione si amplificano a vicenda: come consegnare un cannocchiale potente, che abbraccia uno spettro visivo ampio, ad un occhio addestrato a identificare nuove strade e opportunità. Guardandoci mentre raccoglievamo l’applauso subito dopo la nostra presentazione, abbiamo avuto la conferma che è difficile possedere individualmente entrambe queste qualità, l’importante è avere la volontà di perseguirle insieme alle persone con cui fai squadra, in qualsiasi contesto ciò avvenga.

| partem claram semper aspice |

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

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