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di Alberto Aleo

Dopo dieci anni di rientri traumatici in azienda a fine Agosto, in questi giorni per la prima volta sperimento la sindrome del rientro nella versione del consulente e scopro con meraviglia che: prima di tutto esiste ed è assolutemente paragonabile come “intensità” a quella del dipendente, secondo ha origine da sentimenti e pensieri opposti e contrari a quelli che scatenano la sua ben più nota (e diffusa) sorella.

Le due versioni di Sindrome da Rientro

Mi spiego meglio. Là dove un dipendente al rientro pensa “Mio Dio mi aspetta un’altro anno di lavoro”, il consulente pensa “Mio Dio chissà se quest’anno troverò del lavoro”, oppure ancora il dipendente “Oddio, non ce la faccio proprio ad affrontare tutte le richieste del mio capo” mentre il consulente è angustianto da “E’ se nessuno mi chiederà niente?”. Se le premesse sono opposte il risultato, i sintomi fisici della sindrome da rientro intendo, sono gli stessi: gambe molli, sonnolenza a tutte le ore del giorno ma non della notte, senso di sopraffazione e pessimismo cosmico. Questi ovviamente sono i sintomi base, riferiti ad una fase iniziale della “malattia”. Molto più complessi ed insidiosi sono invece i sintomi della seconda fase, quella che io definisco “elaborativa”: voglia di trasferirsi in un paese a scelta tra Australia, Nuova Zelanda o qualche paradiso sub-tropicale, nostalgia per le cose che non si sono fatte ma che si sarebbero potute fare se…, rifiuto delle convenzioni borghesi tipo mettersi i panataloni e le scarpe per andare in ufficio (o per andare a trovare un cliente), visione reiterata e ossessiva del film “Into the wild”, acquisto di libri il cui titolo contenga almeno una di queste parole “Libertà“, “Fuga“, “Cambiamento“.

Fatico ergo sum

Qualsiasi siano le situazioni e gli effetti che provoca in voi la sindrome da rientro, essa ci ricorda invariabilmente l’apparente incontrovertibilità dell’agghiacciante equazione lovoro=faticaChe poi se sviluppata “algebricamente” contiene una contraddizione di fondo che di per se varrebbe a sbugiardarla: se diamo per scontato lavoro=soldi e soldi=agiatezza ma anche fatica=sofferenza, con qualche semplice passaggio si otterrà agiatezza=sofferenza che di per se è una contraddizione in termini. Spetta ad ognuno di noi capire quale di questi passaggi contiene l’elemento di errore che porta al delirante risultato. Personalmente credo che i guai comincino proprio dalla prima equazione e cioè che lavorare non solo è faticoso ma, in un certo modo perverso, DEVE esserlo altrimenti se non “senti la fatica” vuol dire che non stai lavorando e quindi che non stai guadagnando…

Comunque vada, la “sindrome da rientro” come tutte le manifestazioni di energia interiore non va ignorata. Esistono manuali ed un’intera letteratura che potrà darvi consigli utili su come superarla, quindi non aggiungerò parole a cose già dette. Vi invito solamente a sfruttare l’energia creativa del momento che state vivendo, magari selezionando la più balzana delle idee balzane che vi verranno in mente nel bel mezzo del vostro torpore pseudo-depressivo e provare a realizzarla sul serio, così anche per vedere cosa succede. La sindrome da rientro scomparirà da sola dopo la prima settimana di scrivania o dopo il secondo appuntamento con il vostro nuovo cliente, ma almeno tutta l’energia che gli avete dedicato non andrà perduta nell’oblio frenetico delle vostre giornate lavorative. Sarà stata anche un’illusione ma un risultato, anche piccolo, fate in modo che lo ottenga. Buon rientro a lavoro!

| partem claram semper aspice |

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Un percorso accademico non convenzionale insieme ad una carriera manageriale che è durata più di un decennio nel ruolo di responsabile marketing e di direttore vendite per note aziende italiane, mi hanno trasformato in un “architetto” di strategie di mercato. Nel 2011 ho fondato insieme a mia moglie Alice lo studio di consulenza e formazione Passodue il che mi ha permesso di poter mettere a disposizione dei clienti un bagaglio di esperienze e conoscenze molto vario, che spazia dall’economia, al marketing, alla gestione di reti commerciali.

Questo articolo ha 2 commenti

  1. confermo quanto dice Alberto… in quanto testimone e non solo a fasi alterne di ognuna delle due sindromi….(sono stato infatti dipendente aziendale ….e sono oggi imprenditore, consulente…direbbe Alberto)…Il grave è che oggi ne sono affetto in simultanea… nello stesso momento da entrambe le due sindromi intendo,… visto che oggi ho anche un impiego come docente che mi fa “dipendente” dello Stato. Questo non per parlare di me ma per dire che lo capisco bene e quella che lui identifica come sindrome da rientro al lavoro, dipendente o autonomo che sia,…è una delle sensazioni più forti che rimangono dell’estate…più forti anche della vacanza stessa e più vivide e reali delle foto scattate in vacanza..o dei compagni di viaggi. Concordo con lui che sia, questa sindrome, anche una grande opportunità per riconfigurare scelte e punti di vista a volte erratamente e ostinatamente costruiti durante un inverno di sovrastrutture e pensieri lavorativi anche eccessivamente elaborati e dettati dallo stress e dall’ansia del fare… come croste bruciate, cotte e ricotte sulla padella ….basta lasciarle a bagno per un po’ nel lavandino, e verranno via … così nel mare d’estate si sciolgono i nostri pensieri e le nostre ansie da imprenditori o dipendenti che siano… In caso di decisioni drastiche (tipo abbandono del lavoro)…consiglio di rimanere nel nostro stupendo mediteranneo però,…l’Italia è piena di bei posti che durante le basse stagioni (mentre cioè gli altri lavorano) rimangono belle e deserte, ….senza andare ai Caraibi,…che li ci sono pure gli squali! Sarebbe una beffa,….lasciare il lavoro anche per non vedere più gli “squali” e ritrovarseli dietro che ti mordono le chiappe nel mare… 😉 M.

  2. …mentre leggevo l’acuta testimonianza mi sono ricordata di due cose legate al passaggio ad un ingresso o fase della vita tra presente e futuro: il primo giorno di scuola e l’agenda col calendario di lavoro. E pochi istanti prima, avevo appena sfogliato la mia, attraversando gli stessi interrogativi ben descritti da te col sapore dell’ansia che cerchi di camuffare con un dolce, frutta o caffé…Mi vien da dire che “siamo tutti nella stessa barca” e l’opportunità di riflessione e condisione sono una triade che riunisce lavoro-guadagno-agiatezza personale senza fiscalità. BB

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