di Alberto Aleo e Alice Alessandri
E’ troppo tempo che sentiamo parlare di crisi, così tanto che molti di noi la danno per scontata. Essa è diventata un rumore di fondo delle nostre vite e delle scelte professionali, con il risultato che ci siamo tutti un po’ de-responsabilizzati rispetto a quello che è possibile fare ogni giorno per provare a cambiare.
Eppure, se analizziamo con un po’ più di attenzione questo fenomeno, scopriamo che è proprio dai nostri comportamenti e dal modo di pensare che è necessario ripartire.
Per quale ragione? Perché nel mercato agiscono esternalità che hanno proprio a che fare con atteggiamenti e azioni del singolo! Cerchiamo allora di capire insieme cosa sono le esternalità di mercato.
Il DNA della Crisi
Quando nel settembre del 2008 è fallita la banca d’affari Lehman Brothers si è manifestata per la prima volta una crisi finanziaria internazionale che dopo poco ha avuto ripercussioni pesanti anche sulla borsa italiana. In pochi mesi l’onda devastante si è propagata all’economia reale, consegnando la crisi al suo terzo stadio quello “industriale” (le prime due fasi sono state quelle della crisi finanziaria internazionale prima e nazionale poi) che ha cancellato molti punti di PIL in un breve fazzoletto di tempo.
Nonostante il peggioramento della situazione, fino al terzo stadio la teoria e la tecnica dei mercati avevano ancora a disposizione strumenti per risolvere il problema, eravamo infatti ancora nella fase “economica” della crisi.
L’impasse decisionale, gli interessi di parte e la burocrazia che da sempre ci contraddistinguono hanno però impedito qualsiasi reazione efficace. La crisi è quindi evoluta ulteriormente e dopo qualche anno essa è entrata nel suo quarto stadio, quello politico. Ciò ha corrisposto alla caduta del governo (in carica da qualche anno) e l’inizio di un’instabilità che dura fino ad adesso. La quarta fase, quella politica appunto, non ha caratterizzato l’evoluzione del fenomeno in tutti i paesi.
Le nazioni che hanno evitato l’implosione delle loro strutture governative hanno scongiurato il rischio di traghettare la crisi verso un’evoluzione non economica, nella quale non sarebbero più bastati gli strumenti di mercato.
Il ruolo delle Esternalità
La crisi si è quindi “esternalizzata” proiettandosi all’esterno delle regole economiche e atterrando all’interno delle nostre istituzioni democratiche, popolate da personaggi poco preparati ad accoglierla e gestirla. Ma c’era ancora un passo da compiere, corrispondente alla quinta fase del fenomeno: la crisi è diventata sociale, dando vita a manifestazioni corali di disagio, come i “forconi” o la sparatoria davanti a Palazzo Chigi ad esempio.
Gran parte degli italiani ha smesso di credere nelle istituzioni, nella politica e nella capacità del mondo dell’industria e della finanza di invertite la recessione.
E’ anche questa la ragione dell’elevata percentuale di persone che non solo non hanno lavoro ma nemmeno lo cercano o dell’adozione di comportamenti sfiduciati o critici contro tutto e tutti. La recessione si è trasformata quindi in una crisi profonda di fiducia, la cui soluzione impone un cambio di punto di vista, uno spostamento di prospettiva da compiere dentro le teste dei singoli.
L’economia chiama esternalità quelle forze in grado di influire sulle dinamiche di mercato ma che, per loro natura, non appartengono ad esso e soprattutto non rispondono alle sue leggi.
Politica, dinamiche sociali e fiducia sono sicuramente tra queste. Un mercato soggetto a troppe esternalità tecnicamente “fallisce” cioè non è in grado da solo di ritrovare equilibrio e di attivare quei meccanismi interni per alimentare gli scambi e generare nuova ricchezza. Nonostante le esternalità possano rappresentare un pericolo per l’economia, la ritrosia di certi fenomeni a soggiacere alle leggi della matematica e la loro estrema eterogeneità (troppo complessa da ridurre a norma), hanno portato la teoria classica ad essere estremamente carente nella loro analisi. D’altronde gli esperti di leggi di mercato preferiscono occuparsi di funzioni di utilità e massimizzazione dell’interesse personale, piuttosto che di sociologia e filosofia!
E’ così che l’etica, la reciprocità e ancora una volta la fiducia, sono rimaste concetti esterni alla maggior parte dei trattati economici, quasi che fossero forze marginali ai mercati.
Un nuova teoria economica
La tragicità del periodo storico che stiamo vivendo e i profondi cambiamenti che ne sono conseguiti, ci hanno fatto scoprire che quelle che chiamavamo esternalità hanno un potere d’influenza elevato, che rende per lo più inapplicabili le formule economiche classiche. E’ il tempo delle “esternalità dominanti” ed è necessario che l’etica giochi un ruolo centrale nelle nostre scelte di business quale strumento in grado di ricostruire la fiducia, rinsaldare le relazioni e sradicare la recessione dal basso. Per questa ragione in Passodue abbiamo deciso di occuparci di business ethics e di vendita etica, strumenti in grado di riportare prosperità all’economia e non solo.
Ognuno può contribuire a migliorare le condizioni del sistema, per prima cosa rendendosi conto che non troveremo solo nei libri di economia le risposte in grado di far ripartire la nostra azienda, bensì nelle nostre teste, nei comportamenti e nello stile di relazione: là dove parole come fiducia, etica, motivazione e speranza hanno ancora un significato.
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