di Alberto Aleo
Siamo seduti a tavola, davanti al più classico piatto di pasta. La televisione è accesa e i nostri sguardi sono incollati allo schermo. La nazionale di calcio italiana sta giocandosi orgoglio e qualificazione nel più classico incontro con la Germania. L’eco della telecronaca che rimbalza nei cortili e nelle vie deserte delle nostre città è come un’onda che ci ricorda come siamo lì tutti, uniti e galleggianti sulla superficie di un liquido amor patrio.
E’ già il secondo tempo e siamo ancora sullo zero a zero, ma abbiamo bisogno di una vittoria con due reti di scarto per passare il turno! Però c’è ancora speranza: lo dice il commentatore sottolineando che “non tutto è perduto… abbiamo in rosa talenti che loro nemmeno se li sognano e comunque siamo soltanto sullo 0 a 0”. Noi spettatori oscilliamo tra la noia e la speranza che qualcosa accada, complici o vittime della stessa apatia dei nostri giocatori in campo.
Al novantesimo non succede ancora nulla, la partita è talmente brutta che decidiamo di cambiare canale, come hanno evidentemente fatto tanti altri visto che la voce del telecronista non rimbomba più nel cortile e per strada c’è di nuovo traffico.
Poi si saprà che l’Italia ha vinto 1 a 0 ai supplementari grazie ad un rigore concesso per un fallo al limite dell’area e che grazie a questo (se la Francia non perde ed il Brasile vince con uno scarto di reti inferiore al numero di quelle fatte dall’Olanda) supereremo comunque il turno. Qualcuno esulta, stancamente, molti restano perplessi pensando ad una partita noiosa vinta per caso, foriera di un risultato incerto che potrà essere capitalizzato solo a fronte di incastri inesplicabili.
Noi Italiani siamo maestri dei salvataggi ai tempi supplementari o per riconteggio e non solo nello sport!
Quante volte ad esempio nelle aziende ci si accorge solo a novembre inoltrato che il target di vendita non sarà raggiunto ed allora si progettano manovre impossibili che, se nel breve ci daranno qualche speranza in più, nel medio-lungo termine ci danneggeranno. E’ il caso delle promozioni dei “tempi supplementari” che aumentano sconti e allungano pagamenti in modo talmente esagerato e improvviso da spiazzare il cliente, portandolo a pensare che fino a quel momento lo avevamo derubato. Se poi tutto ciò non dovesse comunque funzionare, saremo abili a reinterpretare i numeri, tagliando le statistiche e ri-sagomando i report, in modo da dimostrare a tutti che “Si il fatturato è calato del 20% ma se togli questo e aggiungi quell’altro, in effetti siamo cresciuti del 30%”.
Non c’è dubbio che l’abilità di salvarsi a tempo ormai scaduto più di una volta ci ha permesso di non pagare per intero le conseguenze della nostra inedia, ma occhio a scambiare questa per una strategia vincente. Anche se è una vita che vogliono farci credere che a comportarsi così sono i furbi e che è da stupidi impegnarsi dal primo minuto all’ultimo quando basta far “saltare il banco” poco prima dello scadere del tempo massimo, dentro le nostre coscienze abbiamo smesso di crederci già da un po’. L’amaro in bocca che sentiamo nel vedere i nostri rappresentanti comportarsi così è quello delle occasioni mancate, dei nervi tesi fino all’ultimo senza una vera ragione e l’imbarazzante sensazione di aver “rubato” il risultato.
Lo sappiamo benissimo anche noi: “Vincere” e “non perdere” non sono sinonimi e sprecare talento non è mai una buona strategia. Oltretutto entrare in azione solo ai tempi supplementari non è divertente e il divertimento, si sa, è la ragione di esistere di tante attività, anche del calcio…
| partem claram semper aspice |
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