di Alberto Aleo e Alice Alessandri
Siamo stati a visitare Plymouth la cittadina dove sbarcarono i primi pellegrini europei sul suolo americano. Tutta l’economia del luogo è incentrata sull’evento storico e ogni attività commerciale si è inventata un modo per far rivivere l’atmosfera di quel tempo. Addirittura il villaggio originale è stato ricostruito e può essere visitato. I suoi abitanti in costumi dell’epoca, parlano e agiscono come se più di tre secoli non fossero mai passati. Ovviamente sono attori professionisti e l’intera operazione è catalogabile come attrazione turistica, ma fa comunque riflettere l’emozione e il coinvolgimento che gli americani sanno costruire per supportare un obiettivo commerciale. L’esempio di Plymouth, se pur estremo, non è infatti unico perché qui chiunque abbia anche solo una bancarella per strada, cerca di “intrattenere” i suoi clienti.
Che rapporto esiste quindi tra vendita e intrattenimento?
Osservando le tecniche di negoziazione in USA, sembra proprio che ci sia un rapporto più che stretto.
Questa è la patria del cinema e l’industria Hollywoodiana è da sempre una della più floride del paese, essendo riuscita a piazzare “prodotti” campioni di incasso proprio in piena crisi economica (Avatar, il film che ha incassato più di chiunque altro nella storia del cinema, è uscito nel 2009 durante la recessione).
E’ logico che gli Americani si ispirino a quei successi per cercare di vendere i proprio prodotti.
In pratica il marketing statunitense è molto più basato sull’esperienza del nostro.
Contrariamente a quanto succede da noi, inoltre, marketing e commerciale non sono due mestieri distinti ma due aspetti della stessa professione: la vendita.
Succede allora che ogni buon commerciale inserisca elementi di marketing esperienziale nella trattativa, invitando il cliente a provare il prodotto e costruendo per lui un contesto ed un’atmosfera adatti ad esaltare l’esperienza di consumo.
Se paragonata alla loro, la nostra tecnica di vendita appare distante e anche un pò snob.
Da noi i commerciali non sono disponibili ad interpretare un ruolo, a travestirsi ed immedesimarsi, perché forse si sentirebbero un po’ ridicoli.
A noi piace indottrinare il cliente, porci nei suoi confronti in una posizione più elevata, spiegargli cosa deve scegliere ed a cosa invece non vale la pena dare attenzione.
Qualcuno direbbe che abbiamo un approccio più tecnico alla negoziazione, scientificamente basato sul rapporto tra bisogni del cliente e caratteristiche del prodotto. Bisognerebbe però ricordarsi che il cliente spessissimo cerca nei prodotti il soddisfacimento di bisogni che sono poco materiali, molto più legati invece alla sfera della socialità, della relazione e del rapporto con il proprio “io profondo”, quindi delle caratteristiche tecniche del prodotto in verità gliene frega il giusto.
Anche quando poi siamo davanti a qualcuno che davvero ha una necessità tecnica, ci dimentichiamo di pensare che probabilmente egli ne sa quanto e più di noi e che nella negoziazione forse vuole “solamente” fare esperienza diretta del prodotto e delle persone che glielo venderanno.
Il venditore medio Europeo tratta invece il cliente come un bambino a cui spiegare le cose!
Beh ragazzi rassegniamoci: nella maggior parte dei casi il cliente non è un bambino e il nostro indottrinamento avrà solo l’effetto di infastidirlo. In effetti, osservando con più attenzione, ogni cliente ha un bambino dentro di sé che lo accompagna quando deve fare un acquisto. A quel bambino però non si parla da dietro una cattedra, facendogli lezione.
A quel bambino si parla giocando insieme a lui, facendogli vivere l’ebrezza e a volte addirittura la bellezza dell’esperienza di consumo.
Agendo così potremmo scoprire che giocare può essere divertente anche per noi venditori.
Ecco cosa hanno capito gli americani, ecco che cosa c’entra il marketing con l’intrattenimento e, sia detto per inciso, anche questa è vendita etica.
PS: Alice in questi giorni di ricerche, incontri e letture trasversali, si è imbattuta in un testo che descrive il comportamento delle scimmie antropomorfe. E’ venuto fuori che i nostri cugini più prossimi con i quali condividiamo molti comportamenti istintivi, hanno come elemento scatenante della motivazione il gioco e la socialità. Molti esperimenti di laboratorio su animali come i topi prevedono l’induzione di uno stimolo legato al cibo, ma con le scimmie antropomorfe non funziona. Per far bene una cosa i primati devono divertirsi nel farla!
| partem claram semper aspice |
Le foto utilizzate – là dove non siano di proprietà della redazione o dei nostri ospiti – sono acquistate su Adobe Stock e IStockPhoto o scaricate da piattaforme come UnSplash o Pexels.
Ti è piaciuto questo articolo e vuoi approfondire i temi?
Scopri il nostro quarto libro "Guida alle Motivazioni d’Acquisto", scritto a otto mani insieme a Luca Giorgetti e Serena Calderoni, e curato da Giovanna Rossi.
L'obiettivo di questo libro è rendere accessibili le teorie che analizzano e decodificano i meccanismi d’acquisto dei clienti, fare sì che venditori ed esperti di marketing possano utilizzarle in modo proficuo e corretto, infine anche in un contesto di mercato rispettare la diversità e complessità che ci contraddistinguono come esseri umani.
Questo articolo ha 0 commenti