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Tempo di lettura: 3 min
di Alberto Aleo
Guidare un’auto d’epoca con molti cavalli, poco peso, freni e pneumatici vintage e praticamente nessun sistema di sicurezza alcune volte – devo ammetterlo – fa paura. Qualcuno si chiederà allora perché farlo? Tranquilli, me lo chiedo anche io la maggior parte del tempo!
La risposta ha a che fare con tanti aspetti della mia vita, ma oggi voglio soffermarmi su uno in particolare: l’incessante esigenza di dimostrare a me stesso e agli altri di essere coraggioso o, meglio, di non aver paura.
Paura e coraggio nei miei processi mentali, che ahimè tendono alla semplificazione, sono sempre stati due concetti opposti, salvo poi scoprire negli anni che il coraggio non è assenza di paura ma capacità di affrontarla. Ma come si fa e soprattutto perché farlo?
Rispondo prima all’ultima domanda.
Le paure segnano dei confini nella nostra vita, dei limiti che circoscrivono una confort zone dentro la quale si sta al caldo. Saperle affrontare ci consegna un mondo più ampio, allarga i nostri orizzonti e ci fa evolvere.
Prima di intraprendere questo percorso però limiti e paure vanno compresi e analizzati, perché ce ne sono alcuni che è meglio non superare, pena transitare dalla categoria di coraggiosi a quella di temerari.
La temerarietà non è coraggio perché nega la paura portandoci ad affrontarla come se fossimo invincibili o addirittura immortali. Pessima idea la maggior parte delle volte.
Eppure la temerarietà è più fascinosa del coraggio. Nello spiegare la ragione di questa affermazione risponderò anche alla prima domanda, quella cioè sul come affrontare le proprie paure e diventare più coraggiosi.
La temerarietà è un impulso improvviso: sei sul trampolino e ti lanci giù senza pensare. Questo atto adrenalinico e plateale costa poco in termini di impegno e fatica ma – quando non porta a conseguenze disastrose – ci consegna ad una galleria di eroi “pret-a-porter” riconosciuti e visibili a tutti, pompandoci cospicue dosi di autostima nel sangue.
Il coraggio invece è silenzioso e metodico, affronta le paure un passo alla volta. Ha bisogno di impegno, disciplina, duro lavoro ecco perché non è fascinoso come la temerarietà.
Dei coraggiosi, quelli veri, si parla poco perché non sono star ma assomigliano di più ad operai dell’evoluzione propria e del mondo che li circonda.
Devo ammetterlo, ho sempre preferito la temerarietà al coraggio e non solo perché mi piacciono i riconoscimenti, ma perché sono pigro ed impaziente insieme, due caratteristiche che con il coraggio non vanno d’accordo. Se vogliamo praticare il coraggio infatti non basterà salire su un trampolino e buttarsi giù senza pensare, oppure accelerare su un mezzo precario. Bisognerà invece sperimentarsi, provare, accettare di cadere, rimanere centrati, seguire un metodo con disciplina per lavorare sui confini e sulle paure sopportando la fatica e – a volte – la disperazione e l’isolamento di questo costante, invisibile e per molti incomprensibile impegno.
Ecco come si diventa coraggiosi!
Quando la mia spider si ferma dal meccanico, chiede attenzioni, vuole essere regolata, rammendata, riparata allora è lì che mi insegna qualcosa di più sull’affrontare i miei limiti piuttosto che quando mi concede di sfrecciare come Fangio.
PS
Sono nato il 23 maggio, da pochi giorni dunque è stato il mio compleanno, una data per me portatrice di tanti significati e ricordi. Dall’album della memoria estraggo quel tardo pomeriggio del 1992 passato in coda sull’autostrada Palermo-Trapani. Tornavo con il mio caro amico Federico da una gara di Go-Kart e pensavo ancora che per superare le proprie paure fosse necessario sfrecciare sulle piste raso terra ad oltre 130 km orari. I miei modelli erano i piloti di F1 e non sapevo che a poche centinaia di metri da me un vero eroe, ma senza casco ne tuta, se ne andava per sempre lasciando il suo esempio di puro coraggio.
| partem claram semper aspice |
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